"Questo documento contiene una bozza di politiche sul rispetto, protezione e adempimento dei diritti umani delle sex worker (lavoratrici del sesso)".
Inizia così il documento in votazione in questi giorni all'incontro internazionale del consiglio di Amnesty International in corso a Dublino. A prima vista sembrerebbe l'ennesima attività meritoria della famosa organizzazione che lotta per i diritti umani, ma per chi, come noi ( https://www.apg23.org/it/prostituzione/), lavora con le persone che attraversano l'orrore della prostituzione, l'inganno si rivela subito.
Non esistono sex workers (lavoratori del sesso), esistono sex slaves (schiavi del sesso). Il solo parlare di sex workers implica l'esser d'accordo a questa moderna schiavitù. Perché, parliamoci chiaro, la prostituzione è sempre una forma di schiavitù. Non perché ce lo dice qualche morale, ma perché ce lo dicono coloro che ne sono uscite o coloro che purtroppo vi sono ancora dentro. Noi non parliamo mai di prostitute, ma di persone che si prostituiscono. Prima viene sempre la persona. Anche quando è ridotta in stato di schiavitù.
Ma veniamo al punto.
“Amnesty International riconosce la necessità della regolamentazione della prostituzione”, dice il documento a pagina 10.
Amnesty parla di decriminalizzazione delle persone che si prostituiscono. E questo è giusto. Ma utilizza questo argomento per proporre la regolamentazione della prostituzione. E questo è sbagliato. Almeno per chi sa cosa significhi l'orrore della prostituzione.
Esistono diverse ricerche internazionali che mostrano gli abusi che subiscono le persone che si prostituiscono; è molto importante constatare che le percentuali degli abusi subiti non cambiano tra paesi dove la prostituzione è regolamentata e quelli dove essa è proibita.
Amnesty poi dimentica due punti chiave emersi sia dalle ricerche delle nazioni Unite, sia da quelle di Eurostat. Il primo è la disuguaglianza di genere intrinseco alla prostituzione: le prostitute sono per lo più donne, mentre i clienti e gli sfruttatori sono per la maggior parte uomini. Il secondo dato è che la domanda di sfruttamento sessuale alimenta la tratta di esseri umani.
Per questa ragione, chi davvero ha a cuore il massimo sviluppo della persona umana, di tutte le persone, chiede - per dirla con Giovanni Paolo Ramonda, il nostro Responsabile Generale - che la prostituzione venga abolita. Da un lato, decriminalizzando le persone che si prostituiscono, che devono esser considerate come vittime. Dall'altro lato, criminalizzando sia gli sfruttatori che riducono in schiavitù queste persone, sia i clienti, i quali sfruttano la condizione di vulnerabilità delle persone che si prostituiscono.
Semplicemente: se non ci fossero clienti, allora non ci sarebbero persone che si prostituiscono.
Ecco allora che ci appelliamo a tutte le persone di buona volontà cha da anni svolgono un importante servizio dentro Amnesty: liberiamo le donne, aboliamo la prostituzione.
Luca Luccitelli, Animatore generale del Servizio Politico della Comunità Papa Giovanni XXIII