L’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII si associa alla preoccupazione espressa dalla Rete Disarmo e da diversi soggetti della società civile e del mondo nonviolento di fronte alla prospettiva di un nuovo intervento militare in Libia, che vedrebbe un coinvolgimento diretto dell’Italia. «Si parla di un impiego significativo di un contingente militare, di agenti segreti con scopi poco chiari e della messa a disposizione di basi militari sul territorio italiano per l’utilizzo di droni», sottolinea Antonio De Filippis, responsabile di Operazione Colomba, corpo di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII.
E’ una posizione fortemente contraria che nasce dall’impegno quotidiano delle centinaia di giovani che, a partire dalle prime esperienze in ex Jugoslavia negli anni ‘90 fino ad oggi al fianco dei profughi siriani, operano con azioni nonviolente a difesa dei civili vittime delle guerre. «Non certamente secondo lo stereotipo del “pacifismo vecchio stampo”, come lo ha etichettato con sufficienza l’ex presidente Giorgio Napolitano nel suo intervento di ieri al Senato. Napolitano si è permesso di etichettare i tanti giovani che ogni giorno e con costanza si impegnano a sostegno delle vittime e contro le guerre ed i mercanti di morte», continua De Filippis.
«Ci sembra al contrario “fuori dal tempo” considerare un intervento militare come principale modalità di risoluzione dei conflitti internazionali. Non solo perché lo prescrive la nostra Costituzione, ma perché è sotto gli occhi di tutti come gli interventi in Nord Africa e in Medio Oriente degli ultimi anni abbiano contribuito unicamente ad incrementare le violenze, le uccisioni e i rischi per i civili », dichiara.
La Comunità Papa Giovanni XXIII chiede piuttosto di sospendere l’invio di armi italiane o prodotte in Italia a paesi coinvolti nei conflitti armati, fra cui l’Arabia Saudita.
A Rimini il 12 marzo alle ore 18 in Piazza Cavour le realtà del territorio impegnate sul tema della pace e della nonviolenza si ritroveranno per un momento animato. Nella piazza verrà proiettato, i silenzio, il filmato della distruzione della città di Homs, in Siria. Seguiranno la proiezione del videoclip musicale di Joan Baez "Dove sono finiti i fiori”, e la condivisione di brani e testimonianze per la pace.
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A Bologna dalle 18 alle 20 ruoteranno in piazza i colori dell’arcobaleno; saranno circondati da cartelli con 3 ‘no’ alla violenza e 5 ‘si’ alla pace, illuminati dalle fiaccole. Attorno allo striscione del primo gennaio “Bologna in cammino per la pace” si svolgeranno giochi di luce, balli etnici e testimonianze.
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A Boves(CN) parteciperemo all'incontro delle ore 21 all’Auditorium Borelli con Boushra Almutawakel, unica fotografa donna yemenita, proposta della Scuola di Pace di Boves.
A Torino appuntamento alle ore 18 in Piazza Castello per un'ora di silenzio, insieme a Movimento Internazionale della Riconciliazione, Movimento Nonviolento, Pax Christi.
Giovanni Ramonda, Responsabile Generale della Comunità, auspica che le esperienze di Rimini e Bologna possano essere riprese in tutte le maggiori città d’Italia: «Attiviamoci con iniziative pubbliche per fare sentire la voce di chi dice “No” con modalità nonviolente ad uno scenario che si promette carico di drammaticità. Le conseguenze di un intervento armato in Libia che vedesse anche l’Italia fra i promotori sarebbero devastanti».