«È ipocrita chiedere uno "stato d'emergenza prolungato di fronte ai terroristi", come già ha annunciato il presidente francese
François Hollande, ed alzare i livelli di controllo e della paura»:
Antonio De Filippis, responsabile del corpo di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII,
Operazione Colomba, è costernato. «La sequenza di attentati degli ultimi 15 giorni, a poca distanza l'uno dall'altro, all'aeroporto Ataturk di Istambul lo scorso 28 giugno, e poi di seguito a
Dacca, a
Baghdad, a
Medina e ieri a
Nizza, sono espressione di molteplici cause tra cui le contraddizioni interne al mondo islamico. È anche vero però che in alcuni di questi casi siamo di fronte a persone squilibrate, che proprio grazie all'aumento della paura riescono a costruire una propria identità. Alcuni attentati sono causati da psicopatici: l’hanno scritto 35.000 persone dei paesi arabi in risposta al twitter diella giornalista americana
Xeni Jardin lanciato la sera del 1 luglio, subito dopo l'attentato di Dacca:
"Amici, l'Is sta bombardando musulmani nelle comunità musulmane durante il mese sacro del Ramadan. Sono musulmani? No, sono psicopatici”. Questa affermazione trova un riscontro ancora più forte nell'attentato del 4 luglio a Medina, presso uno dei luoghi più sacri dell'Islam, all'esterno della Moschea del profeta Maometto».
«Ieri a Nizza l’unica novità è stata - continua De Filippis - che l'attentato è avvenuto vicino a casa nostra. Fingere stupore è ipocrita: è come se i nostri politici non fossero a conoscenza delle enormi responsabilità che hanno i paesi occidentali, nessuno escluso, a cominciare dalla guerra in Iraq del 2003».
«È di questi giorni la pubblicazione del lavoro della commissione d'inchiesta britannica sulla guerra in Iraq, presieduta da Sir John Chilcot: è un vero e proprio atto di accusa nei confronti dell’allora Primo Ministro Tony Blair, per la scelta di intervenire militarmente in Iraq. Il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon già lo scorso settembre aveva indicato con chiarezza come responsabili della guerra in Siria 5 paesi: Usa, Russia, Turchia, Arabia Saudita, Iran e i loro satelliti. Questi non vogliono la pace in Siria e non vogliono debellare il Daesh; gli interessi in gioco sono elevatissimi: il petrolio del Medio Oriente, i nuovi oleodotti in costruzione che muovono quantità enormi di denaro, il controllo del territorio, l'enorme massa di armamenti venduti - Francia e Italia in prima linea - ai vari paesi in guerra».
È questa la spiegazione per il responsabile della Colomba, per il legame diplomatico stretto fra paesi occidentali e con Arabia Saudita e le monarchie del petrolio: «Ricevono armi dall’occidente e poi esportano il Wahabismo, un modello di Islam radicale vicino al terrorismo, che finanzia, oltre ai gruppi armati, anche le costruzione di moschee (fra cui quella di Roma) e la formazione degli Imam in tanti paesi europei. Nulla è stato fatto per cambiare questa politica: il primato continuano ad averlo affari, multinazionali, interessi nazionali dei sigoli stati».
De Filippis è forte dell’esperienza in terra di conflitto realizzata in diverse parti del mondo dai giovani di Operazione Colomba: il sostegno alle attività rurali, la creazione di momenti di incontro fra le parti, la presenza di un contingente esterno disarmato, mostrano come sia possibile, pur con risorse esigue, abbassare i livelli di tensione.
«Esprimo grandissimo rispetto e cordoglio per ogni essere umano vittima degli orrori della violenza, ma per favore basta ipocrisia e parole vuote», conclude.
Marco Tassinari
15/07/2016