«Quando ho scelto l’appartenenza alla Comunità ho chiesto quale fosse il luogo in cui spendermi: è arrivata questa proposta, di aprire una casa-famiglia a Gerusalemme. Il mio si è stato immediato, quando ho sentito: “Gerusalemme”, mi si è aperto il cuore. Pensavo di non essere assolutamente degna della Città Santa. In 8 mesi dalla partenza il rapporto con il Signore sta crescendo tantissimo. Siamo alla frontiera: viviamo con i figli degli immigrati filippini. La relazione con loro è è molto difficile; sono bambini feriti, che ti respingono. Ma in casa stiamo ottendendo dei grandi risultati, e adesso ti lascio perchè stiamo andando tutti a fare da mangiare»!
Come in famiglia. Barbara Branchetti, forlivese di 39 anni, ha lavorato per 10 anni come infermiera in medicina d’urgenza. Adesso sta chiedendo il secondo anno di aspettativa.
«Da quando nel 2012 sono stata in Bangladesh ho sempre avuto una grande passione per la missione. Inizialmente avevo il sogno dell’Africa, eppure la Papa Giovanni ha scelto per me l’Asia».
«Nel mio primo viaggio, in Bangladesh, ho conosciuto una ragazza che abitava in un villaggio, gravemente malata. Quando l’ho incontrata non aveva nulla, viveva in una capanna sdraiata su uno stuoino. Aveva una grande gioa nel cuore, una luce pazzesca, un sorriso meraviglioso e io in lei ho visto qualcosa in più: ricordo bene che mentre tornavo a casa da quest’esperienza, ritornando al nostro villaggio, c’era fango a terra, pioveva. E io provavo una gioia immensa nel cuore, una gioia incredibile, indicibile, che non avevo mai trovato in tutta la mia vita. Io in quel momento ho capito che nella mia vita volevo sentirmi sempre così, che avrei dovuto fare qualcosa che mi avesse fatto rimanere sempre in quella gioia. Dopo due anni di apparente normalità in Italia, nel 2014 sono ritornata in Bangladesh. E da quel giorno ho iniziato a conoscere diverse persone, che mi hanno fatto scoprire la bellezza della mia nuova vocazione. Mi sono innamorata sempre di più dell’emarginazione. Oggi ne sono più consapevole: sono sensibile e colpita dalle situazioni in cui ci sono persone che non vuole nessuno, che tutti scansano e che nessuno metterebbe mai in casa propria».
E così Barbara è stata mandata a Gerusalemme. A febbraio 2018 sono iniziati ad arrivare i primi bambini, prima in 3 solo di giorno. Nel tempo hanno iniziato a fermarsi anche di giorno, per disegnare o cucinare qualcosa con l’infermiera di Forlì. Hanno iniziato a fermarsi alla notte. Hanno iniziato ad avvicinarsi altri bambini, qualche giorno, qualche settimana, di giorno e poi alla sera; adesso sono in 5 in pianta stabile. Adesso la affianca Emanuele Ferraro, volontario che era di stanza a Chieti.
La casa non sorge in un luogo centrale della città, non è sotto ai riflettori dei media e non cerca le relazioni che contano. Nel vicariato di San Giacomo abita la minoranza dei cattolici di lingua ebraica. Il vicariato è impegnato all’interno del Patriarcato Latino nella pastorale e nella cura dei migranti;
L'inaugurazione della casa famiglia a Gerusalemme
Antonio de Filippis è il responsabile del progetto: «Il vicariato di San Giacomo è nato da un gruppo di ebrei convertiti al cattolicesimo e si è poi arricchito con l’arrivo di molti migranti, che non parlano l’arabo: dunque siamo qui in Israele a fare Chiesa con la minoranza cattolica di lingua ebraica. Viviamo un’importante esperienza di identità israeliana, che ci aiuta come cattolici nel recupero delle interpretazioni ebraiche dell’antico testamento. Da qui possiamo gioire dell’incontro silenzioso fra due identità, una Chiesa discreta che su 4 parrocchie promuove l’incontro».
#FOTOGALLERY:CASAFAMIGLIA#
«Per noi è estremamente significativo aprirci all’accoglienza dei più poveri proprio nella terra di Gesù, che dei poveri è stato amico», ha spiegato in occasione dell’inaugurazione, il 28 settembre, Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità di Don Benzi.
Al taglio del nastro è stato presente anche Mons Pierbattista Pizzaballa, Amministratore Apostolico del Patriarcato Latino della Città Santa, che ha ringraziato tutti i presenti: «Grazie alla Comunità Papa Giovanni XXIII che ha creduto nel progetto di aprire una casa famiglia a Gerusalemme. Questi sono missionari un po' pazzerelli... Ho conosciuto il fondatore della Comunità, don Oreste Benzi che era ancora più pazzerello. Io sono francescano. Anche il nostro fondatore era pazzerello»…
Partire per la missione
Dal 26 ottobre in provincia di Ravenna la Comunità organizza una 3 giorni di spiritualità per chi è interessato a partire per la missione. Seguirà la pubblicazione delle date dei prossimi corsi missionari. Per informazioni:
animazionemissionaria@apg23.org - 345-0905800 (Fabiola)
Puoi sostenere le missioni apg23 qui: Dona ora!
Marco Tassinari
NOTIZIE CORRELATE