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24 case famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII in Piemonte ospitano 97 adulti e 34 minori, di cui la maggior parte nella provincia di Cuneo. Altri 49 minorenni sono accompagnati dall'associazione di Don Oreste Benzi in affidamento familiare nelle 45 famiglie aperte all'accoglienza del territorio, per un totale di 83 minori accolti in famiglia.
Il sacerdote riminese aprì 50 anni fa, il 3 luglio 1973 a Coriano (RN), la prima casa famiglia italiana. Inaugurò così questo metodo di accoglienza delle persone fragili in realtà di tipo familiare, in cui si sostengono a vicenda individui di età diverse e con situazioni di disagio diverse.
Sabato 15 luglio dalle 14.30, presso il Santuario Nostra Signora delle Grazie di Mellea a Farigliano (CN), l'associazione di Don Benzi celebrerà una giornata di festa, per ricordare il cinquantesimo anniversario dalla prima casa famiglia italiana.
Fra gli interventi sarà ospite Francesco Belletti, direttore del Cisf (Centro internazionale studi Famiglia) di Milano; alle 18 verrà celebrata la S. Messa dal Vescovo di MondovìMons. Egidio Miragoli. Porteranno la propria testimonianza Giovanni Paolo Ramonda e Tiziana Mariani, fondatori della prima casa famiglia del Piemonte.
In serata, dopo la cena su prenotazione, lo spettacolo APG XIII'S GOT TALENT.
Le case famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII oggi nel mondo sono 247, di cui 209 in Italia. Fra quelle all'estero 6 sono in Bolivia, 4 in Russia. Il modello delle case famiglia multi-utenza complementare ideato da Don Benzi è riconosciuto in Piemonte, ma anche in Calabria, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Toscana e Veneto.
Spiega il Presidente Matteo Fadda, torinese: «Don Oreste Benzi nel 1973 aveva intuito un nuovo modo di accogliere le persone emarginate, fra cui i minori e gli adulti con disabilità o con malattie mentali. Iniziò a proporre a donne e a uomini, e spesso a coppie di sposi, di diventare figure genitoriali di riferimento e di aprirsi all’accoglienza per dare una famiglia a chi non ce l’aveva. Questo modello, che all’epoca fu una vera e propria rivoluzione, è ancora oggi di estrema attualità perché propone la casa famiglia come una struttura di tipo veramente familiare, che offre risposte professionali in un contesto di normalità. Riconosce e valorizza le potenzialità di ogni persona accolta».
Ed aggiunge: «Ci auguriamo che altre regioni italiane possano legiferare e prendere esempio dal Piemonte, nel prendere atto della ricchezza di queste realtà».
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