Ramonda: «Queste famiglie non hanno via d’uscita. O le portiamo legalmente in Europa o si affidano ai trafficanti»
«Ho dormito in una capanna assieme ai profughi siriani, ho visto le condizioni in cui vivono, le malattie, la mancanza di medicinali, ho conosciuto un bambino diventato disabile a causa di una malattia contratta qui al campo. È evidente perché cercano di fuggire da questa situazione».
A parlare al telefono è Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII. Chiama dal campo profughi di Tel Abbas, a due chilometri dal confine con la Siria. Qui vivono da 4 anni, in tende e capanne, 350 persone, tra cui un centinaio di bambini. E' in visita ai volontari di Operazione Colomba, corpo civile di pace della Comunità, che da 18 mesi hanno scelto di condividere la vita con queste persone disperate.
«Ho voluto incontrare i nostri giovani, ma anche constatare di persona le condizioni in cui vive questa gente, vedere i loro volti – prosegue Ramonda – "Dopo aver visto non puoi più far finta di non sapere” ci diceva il nostro fondatore don Oreste Benzi.
Queste famiglie non hanno alcuna via d’uscita: in Siria non possono tornare altrimenti finirebbero nelle mani dell'Isis, in Libano non possono rimanere. Se non troviamo in fretta una soluzione saranno costretti ad affidarsi ai trafficanti.
Se non lo hanno ancora fatto è perché non hanno abbastanza soldi. Faremo tutto il possibile perché queste famiglie possano venire in Europa, in un luogo sicuro, in maniera legale. Noi come Comunità siamo disponibili ad accoglierle».