Oggi è sicuramente un giorno speciale per quei giovani bengalesi che sono diventati sacerdoti ricevendo l’ordinazione proprio dalle mani di Papa Francesco. Uno di loro, padre Ripon, era uno dei bambini della parrocchia di Chalna, dove da 18 anni è presente la Comunità Papa Giovanni XXIII. Il piccolo Ripon, insieme a centinaia di altri bambini, non solo cristiani, ma anche indù e musulmani, è stato aiutato per diversi anni grazie ai progetti portati avanti dalla Comunità di don Benzi.
Il Papa è atterrato il 30 novembre a Dhaka. L’ultimo papa a visitare il Bangladesh era stato Giovanni Paolo II nel 1986: dopo più di 30 anni il popolo bengalese ha accolto a braccia aperte il santo pontefice e anche Papa Francesco ha rivolto parole di incoraggiamento e fiducia alle persone radunate. «La bellezza del vostro Paese, avvolto da una vasta rete fluviale e di vie d’acqua, grandi e piccole», ha detto il Papa, «è emblematica della vostra particolare identità come popolo. Il Bangladesh è una nazione che si sforza di raggiungere un’unità di linguaggio e di cultura nel rispetto per le diverse tradizioni e comunità, che fluiscono come tanti rivoli e ritornano ad arricchire il grande corso della vita politica e sociale del Paese».
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Sara Foschi, missionaria della Papa Giovanni XXIII, ha vissuto per 12 anni in Bangladesh e in questi giorni sta seguendo con emozione l’incontro del pontefice con il popolo bengalese: «è stato bello sentire le parole di riconoscenza che Papa Francesco ha rivolto ai bengalesi riguardo alla loro accoglienza nei confronti dei profughi che stanno arrivando dal Myanmar. Tutto ciò sta mettendo a dura prova le condizioni già difficili di questo Paese, uno dei più poveri del mondo. Questo viaggio del Papa è importante per il Bangladesh perché, tornando dopo tanto tempo, accende i riflettori su questo Paese dimenticato dai più. Un Paese che sale alla ribalta solo quando ci sono dei fatti drammatici, come il crollo di quella fabbrica nel 2014 che ha ucciso centinaia di operai, oppure come la strage di luglio 2016 dove sono stati uccisi 9 italiani. Da quell’attentato il Bangladesh sta cercando faticosamente di superare le tensioni grazie al dialogo interreligioso. La presenza di Papa Francesco sicuramente rafforza questo dialogo e proprio a causa di questa visita, i primi ministri del Myanmar e del Bangladesh si sono incontrati per cercare di risolvere il dramma dei rifugiati».
Il viaggio del Papa, che si fa vicino alle periferie del mondo, è importante anche perché la Chiesa guarda sempre con maggior attenzione verso l’Asia e l’Africa, due continenti in cui i cattolici sono in crescita, a differenza di Europa e America. Il popolo bengalese è giovane, e la Chiesa locale guarda ai giovani dell’Asia dando loro una priorità speciale nella pastorale. Il cardinale di Dhaka, Patrick D’Rozario, ha invitato delegazioni da tutte le parrocchie del Bangladesh per partecipare all’incontro col Papa. Anche Mohon è stato selezionato e vedrà il Papa: per Sara Foschi è una grande gioia perché Mohon, che oggi ha 21 anni e frequenta il College, è stato uno dei “suoi” bambini, accolto in Casa Famiglia a Khulna: «è arrivato da noi che aveva 4 anni» ricorda Sara. «Aveva visto sua madre morire e il padre si è trovato a dover accudire 3 figli, di cui uno così piccolo. Aveva vissuto un grosso trauma e pian piano si è aperto con me e insieme siamo riusciti a superarlo. Ora Mohon è tornato a vivere col padre e la famiglia, ma il legame che c’è tra noi è speciale: anche se sono rientrata in Italia da 5 anni, continuiamo a sentirci quasi tutti i giorni».
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L’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII è presente in Bangladesh dal 1999. La missione è situata a Chalna, un piccolo e povero villaggio nella parte sud-ovest del Paese.
Ad oggi sono operative 4 case famiglia che accolgono bambini disabili provenienti dagli istituti delle Suore di Madre Teresa, anziani, madri in difficoltà e persone con disturbi psichiatrici e 3 strutture per ex-accolti che hanno creato piccoli nuclei familiari di sostegno e aiuto reciproci. Le persone accolte sono circa 60.
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