«Io amo la libertà. La salute, la libertà e la felicità sono le cose più belle della vita e se arrivi ad averle tutte sei davvero fortunato… Ho voglia di fare delle camminate che durano tanti chilometri per riprendermi tutti quegli anni persi nel nulla». Questo scritto di Chiara (nome di fantasia), una donna ex tossicodipendente con problematiche psichiatriche, è uno dei tanti raccolti nel volumetto intitolato Scartati chi?!? Storie vere di adulti fragili e protagonisti che venerdì 9 giugno è stato consegnato ai convenuti al ventennale della casa “San Giovanni Battista” sita nel territorio di Castel Maggiore nella provincia di Bologna.
Questa è una delle 47 case di accoglienza in cui la Comunità Papa Giovanni XXIII cerca di offrire un contesto familiare ai tanti adulti soli e ai margini delle nostre città. Alle sue origini, nel lontano 1997, c’è la disponibilità di una giovane infermiera Giovanna Boccardo che, seguendo le parole del fondatore don Oreste Benzi «dare una famiglia a chi non ce l’ha» per “ri-generare nell’amore”, accetta la proposta di accogliere malati di Aids in fase terminale inviati dall’Asl di Bologna. Oggi insieme ad Alberto Zucchero, che è anche il referente nazionale per l’accoglienza di Rom e Sinti, ad operatori e a volontari in servizio civile continua l’accoglienza di tante persone adulte anche in situazioni d’emergenza. Nella casa sono ospiti 12 persone, fra cui adulti con ripetute ricadute nelle dipendenze, impegnati in percorsi di reinserimento lavorativo. Poi ci sono giovani adulti affetti da disturbi psichiatrici, donne vittime della tratta. Negli anni qui hanno trovato una possibilità di riscatto e inclusione sociale circa 800 persone. E negli ultimi anni anche alcune mamme detenute come raccontato nel servizio del Tg3.
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Il Presidente della Comunità di don Benzi, Giovanni Paolo Ramonda, nel corso della festa per i vent’anni, ha infatti rilanciato il tema dell’accoglienza delle detenute nelle carceri italiane coi loro bimbi. «Ci sono ancora 56 mamme detenute in Italia. Devono riparare i loro errori ma non rimanendo in carcere coi loro bambini. È necessaria una misura alternativa: nelle nostre case di accoglienza e case-famiglia. Come abbiamo sperimentato qui a Bologna». Pieno appoggio dal Garante per i diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Bologna, Elisabetta Doganà che ha sostenuto l’iniziativa in un comunicato stampa in cui ha riportato l’attenzione sul carcere e la questione femminile in vista del Convegno nazionale del prossimo 15 giugno.
Tra i vari interventi sull’accoglienza e l’inclusione sociale degli adulti fragili è emersa anche la voce “fuori dal coro” del dott. Giorgio Magnani, Psichiatra del Centro Salute Mentale di Carpi, Ausl di Modena, che intervenendo sul tema Adulti fragili e comunità accoglienti… oltre la cultura dello scarto, ha ricordato come sia possibile un percorso di reintegrazione dei soggetti psichiatrici in mezzo a persone con altre problematiche piuttosto che in strutture più settoriali perché «bisogna essere come si è là dove si è, come il cieco Bartimeo quando incontra Gesù». «Mi occupo da tanti anni di gruppi e preferisco lavorare con gruppi disomogenei ovvero quelli composti da persone diverse per genere, età, status, problemi, patologia, provenienza ecc. Nella mia esperienza, la diversità è un fattore importante per l’arricchimento reciproco. Va anche detto che la diversità è un elemento che fa parte della nostra normalità: una famiglia o una comunità formata da individui tutti della stessa età o dello stesso genere sarebbero una ben strana famiglia o una ben strana comunità. È evidente che occorre anche molta attenzione nel rispettare le differenze, nel permettere la libertà degli individui e nel mantenere un sufficiente livello di coesione. Le strutture settoriali non favoriscono lo sviluppo del pensiero e corrono il rischio di essere emarginanti».
Parole di ringraziamento e di incoraggiamento anche negli interventi di Lauretta Gianessi, responsabile del Sert (Servizio per le Tossicodipendenze) di San Giorgio di Piano, Emanuela Zanacchini , responsabile del Centro di Salute Mentale, entrambi dell’Ausl di Bologna. Quest’ultima ha sottolineato: «Lavoriamo con persone che hanno bisogno di speranza. E anche nel servizio pubblico c’è bisogno di molta speranza. Voi con la vostra presenza e la vostra collaborazione ci dimostrate che anche nei nostri territori questo è possibile».