Arrivano per la prima volta i dati reali sullo spreco alimentare nelle nostre case, calcolato su un campione di 400 famiglie: tra ciò che rimane nel piatto, che va a male nel frigorifero e che scade nella dispensa, ogni italiano butta nella spazzatura circa 100 grammi di cibo al giorno. In un anno, 37 kg pro-capite, per un valore di 250 euro (DATI PROGETTO REDUCE – DIARI DI FAMIGLIA).
Un costo significativo, dunque, che va a gravare sul bilancio delle nostre famiglie. Ma lo spreco, oltre ad essere un problema economico, è anche moralmente inaccettabile in un mondo in cui ¼ del cibo che viene buttato via potrebbe sfamare milioni di persone che soffrono la fame.
Forse non ci abbiamo mai pensato, ma la fame e il spreco sono le due facce della stessa medaglia – o, per dirla con le parole di Papa Francesco: “Il cibo che buttiamo via è come se lo avessimo rubato dalla mensa di chi è povero, di chi ha fame”. Certo, non è possibile impacchettare ciò che giace nel cassetto del frigorifero o sta per scadere nella dispensa e spedirlo a chi non ha da mangiare, ma abbiamo il dovere di agire. Come?
Promuovendo una cultura che riconosca la nostra condizione privilegiata e che punti ad un uso più misurato e consapevole del cibo. Compiendo piccoli gesti quotidiani, che devono diventare buone abitudini, per evitare gli sprechi, di qualsiasi natura essi siano. E tenendo bene a mente che, per qualcuno, riutilizzare ciò che altri avanzano o buttano è una questione di sopravvivenza.
In Zambia la gente dei compound compra nei retrobottega dei macellai le ossa dei maiali, le zampe e le teste delle galline: non possono permettersi altro per preparare il brodo da accompagnare alle verdure stufate e all’inshima, la polenta di mais. In Cile i più poveri tra i poveri raccolgono dai banchi del mercato le foglie di lattuga, i ciuffi di carote, i pomodori troppo maturi: sono gli ingredienti con cui cucinano la zuppa, spesso l’unico pasto della giornata. Senza andare così lontano, sono sempre di più gli italiani che contano sulle mense popolari e sui pacchi alimentari – non solo le persone senza fissa dimora, ma anche i nostri vicini di casa.
Il libro #IOSPRECOZERO nasce proprio da qui: dal bisogno di affermare che la dignità di chi è meno fortunato di noi passa anche dal trattare con rispetto ciò che abbiamo, senza sprecarlo. E dalla convinzione che ciascuno di noi possa fare la sua parte per cambiare le cose, partendo da quei gesti che compiamo senza nemmeno pensarci e supportato dai giusti strumenti. Ad esempio, le ricette proposte da #IOSPRECOZERO recuperano proprio quegli ingredienti che maggiormente buttiamo via (latticini, frutta e verdura, prodotti da forno) e spiegano come portarli in tavola oppure utilizzarli in modo alternativo.
#IOSPRECOZERO, che è stato pensato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII a sostegno della campagna Un Pasto al Giorno, parte dallo spreco di cibo per invitare tutti a restituire il giusto valore alle cose della vita – gli oggetti che possediamo, le risorse che impieghiamo, il tempo che abbiamo a disposizione. Perché se sprecare significa, letteralmente, “mandare in malora”, allora il rischio è quello di buttare via il futuro di ciascuno di noi.