Si sono trovati in preghiera alle ore 7 in Via Massarenti a Bologna, davanti all’Ospedale Sant’Orsola, come accade da 18 anni a questa parte, i volontari della Comunità Papa Giovanni XXIII impegnati a favore della vita nascente ovvero di quei piccoli concepiti che chiedono che gli sia riconosciuto il diritto alla vita, e delle loro mamme. Il fondatore don Oreste Benzi aveva sollecitato fin dal 1999 la preghiera davanti gli ospedali, come forma nonviolenta di condivisione della propria vita con quei piccoli che stanno per perdere la loro.
A Bologna, insieme a questo folto gruppo di persone che pregano per la vita ogni mercoledì, questa mattina era presente anche Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, sessuologo e pedagogista, papà di casa famiglia a Cuneo. La sua presenza vuole esprimere l’urgenza di un sì pieno alla vita perché il nostro Paese non invecchi in modo esponenziale a causa della mancanza di autentiche politiche di sostegno alla maternità. «Siamo al fianco di queste creature innocenti e indifese che come diceva don Benzi non hanno neppure il diritto di replica e di far sentire la loro voce», ha spiegato in un suo intervento davanti all’ospedale dove i volontari pregano ogni mercoledì mattina, pronti a mettersi a disposizione e soprattutto in ascolto di quelle mamme che sono di fronte alla difficile scelta di accogliere la vita quando sono sommerse dalle innumerevoli difficoltà dei nostri tempi. «Vogliamo essere vicini a loro e alle loro mamme per offrire un sì pieno alla vita, sia con l'accoglienza di entrambi sia, come prevede la legge italiana, con l'accoglienza del nascituro dopo il parto in anonimato. Oggi qui vogliamo essere una voce silenziosa, una voce non violenta che esprime un sì pieno alla vita!». Un modo per dire alle mamme che non sono sole e che la vita è sempre vita fin dal suo concepimento. Proprio per questo, nei casi di drammaticità di una gravidanza, può essere sostenuta piuttosto che venir soppressa. All'ospedale Sant’Orsola si sono verificati 612 aborti solo nel 2015. Però 3 donne su 4, considerando i dati relativi all'Emilia Romagna, dove si concentra la maggior parte degli interventi della Comunità in questo ambito, scelgono di non abortire se vengono offerti loro aiuti concreti. E nella maggior parte dei casi confidano che sono i partner o la rete parentale che fanno pressioni per interrompere la gravidanza.
Nel 2016 la Comunità Papa Giovanni XXIII solo a Bologna ha assistito 9 mamme di età compresa tra i 21 e i 26 anni (una di 17 anni). Quattro di loro avevano già l’appuntamento per abortire a causa di conflitti familiari e mancanza di lavoro, due hanno chiesto aiuto per gravi difficoltà economiche. Cinque di queste donne sono italiane mentre quattro sono di altre nazionalità.
Spesso al numero verde 800-035036 dedicato alle maternità difficili si rivolgono anche donne che chiedono cosa fare con il loro piccolo espulso dopo un aborto spontaneo, che non si sentono di gettare via. Il seppellimento del feto è possibile ormai da diversi anni nel Cimitero della Certosa di Bologna. Anche questo è un modo per non lasciare la donna sola ma stabilire con lei una relazione di ascolto profondo, in qualunque condizione si trovi, prima durante e dopo una gravidanza.