È da 55 anni che ogni primavera, nella data del 27 marzo, si svolge la Giornata Mondiale del Teatro. È l’occasione buona per parlare di una lodevole iniziativa promossa dalla Comunità Papa Giovanni XXIII a favore dei giovani profughi accolti a Reggio Calabria nella Casa Ss. Annunziata e nella casa canonica della parrocchia di Cannavò Riparo di don Nino Russo. Il progetto è quello di realizzare uno spettacolo teatrale intitolato “Alithia” che nella lingua grecanica parlata nei dintorni di Reggio Calabria, significa “Verità”. Paolo Campolo, pittore e membro della Comunità Papa Giovanni XXIII, insieme a Maria Gurnari, attrice di teatro, sono gli ideatori di questo progetto e da ottobre 2016 propongono laboratori teatrali, musicali e pittorici ai ragazzi minori non accompagnati sbarcati a Reggio Calabria.
«Al porto di Reggio Calabria nel 2016 sono sbarcate circa 15mila persone» racconta Paolo Campolo, «a volte arrivano anche 300 persone in un solo giorno. Addirittura una volta sono sbarcate 900 persone… Col tempo le varie associazioni che aiutano i migranti che arrivano (Caritas, Protezione Civile, Prefettura e varie associazioni di volontariato) si sono strutturate per intervenire nel migliore dei modi, soccorrendo i malati, portando all’ospedale chi era in condizioni gravi, portando i minori in case come la nostra, dove l’ambiente è più adatto alla loro situazione». Tanti di loro sono bambini, adolescenti, ragazzi: oltre dar loro cibo e vestiario e scuola, è fondamentale coinvolgerli in attività che li aiutino a rielaborare l’esperienza traumatica di aver lasciato la loro famiglia, la loro cultura, i loro affetti per essere catapultati in una nuova realtà. L’arte può essere uno strumento che avvicina le persone e le aiuta a comunicare tra loro.
Paolo Campolo, che sta coinvolgendo i ragazzi nella realizzazione della scenografia dello spettacolo, dice: «Abbiamo iniziato i laboratori artistici costruendo un albero, che inizialmente aveva una funzione solamente scenografica: sotto quest’albero avviene la decisione della partenza e all’arrivo ricompariva in scena per ricordare le origini della partenza. Mentre quest’albero prendeva forma, ha assunto sempre di più la funzione di ricordare l’aspetto della famiglia, dell’uomo, della persona, del diritto, diventando un elemento centrale… stava abbandonando una funzione puramente scenografica, e stava assumendo un significato molto più importante. Ha una chioma ha 3 metri di diametro, quando l’abbiamo finito abbiamo deciso di montarlo in piazza a Cannavò (il fusto si compone di 3 parti, poi ci sono le foglie) per vedere com’era venuto. Abbiamo lavorato con musiche senegalesi di sottofondo, è stato un momento di sensibilizzazione anche per i cittadini. Prossimamente inizieremo la costruzione di un barcone, che rappresenta il loro viaggio, e di due grossi libri, simbolo dei diritti umani e dei diritti dei fanciulli. L’obiettivo del progetto è creare integrazione: questo percorso artistico/teatrale potrebbe essere un momento di incontro e coinvolgimento anche dei nostri giovani».