Come riconoscere una donna sopravvissuta alla tratta, sfruttata nella prostituzione o nel lavoro nero? Come prendersi cura di minorenni costretti ad economie illegali o accattonaggio nelle nostre città? A questi interrogativi intende rispondere il progetto Amelie promosso dalla Comunità Papa Giovanni XXIII che, in sinergia coi servizi sociali e sanitari di sei città italiane, propone alcuni percorsi formativi ad accesso gratuito. Simulazioni e analisi di casi concreti per imparare ad identificare e proteggere chi, sfruttato da trafficanti e reti mafiose senza scrupolo, troppo spesso resta invisibile.
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Il Progetto europeo AMELIE si propone di rafforzare le capacità di almeno 200 professionisti, operatori sanitari e dei servizi di prima linea, per favorire l’identificazione delle vittime. Fornisce riferimenti e supporto con particolare attenzione alle donne, in una prospettiva di genere e sensibile al trauma.
È realizzato da KMOP - Centro di Azione Sociale e Innovazione (Grecia), SOLWODI (Germania), Differenza Donna APS (Italia), PAYOKE (Belgio) e Comunità Papa Giovanni XXIII (Italia) ed è finanziato dal programma AMIF (Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione) dell'Unione Europea.
Cinque organizzazioni uniscono l'impegno con l'intenzione di raggiungere almeno 200 professionisti sanitari. Gli strumenti di formazione dedicati e di sviluppo delle competenze vogliono sostenere la capacità di autodeterminazione di 180 persone sopravvissute alla tratta, favorendo il loro accesso ai servizi di supporto psicologico e all’assistenza sanitaria specializzata.
Si rafforzerà la cooperazione tra i principali attori antitratta per consolidare i sistemi di segnalazione (nazionali e transnazionali) anche grazie ad una campagna di sensibilizzazione.
Martina Taricco, psicologa e referente internazionale del settore tratta per la Comunità di don Benzi, è tra le formatrici: «L'impatto della tratta sulla salute è rilevante. Il personale sanitario che risponde al bisogno di cura si trova ad operare in una zona di frontiera, una terra di mezzo in cui s’intercettano potenziali vittime, anche prima dell'attivazione di operatori specializzati. Medici, infermieri e personale dei servizi sociali hanno la possibilità di prevenire forme di grave sfruttamento e di interrompere i circuiti di violenza, quando sono in grado di riconoscere tempestivamente chi è sfruttato. È importante sapere poi quali procedure attivare e a chi rivolgersi».
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