1000 in cammino per la pace a Bologna. Così si apre il 2019 a Bologna per le vie del centro, con la 4ª Marcia per la pace, centrata sul tema "Diritto alla pace e all'accoglienza" promossa dal Portico della pace, rete di associazioni, comunità religiose, movimenti, gruppi informali della città metropolitana, e patrocinata da Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna, Città metropolitana e Comune di Bologna, e in questo 2019 anche dall'Università di Bologna.
La Marcia è nata nel 2015 dalla proposta della Comunità. Papa Giovanni XXIII di don Oreste Benzi, a seguito degli attentati terroristici in Europa e del conflitto in Siria. È lo stile della nonviolenza e della dignità di ogni essere umano che la caratterizza. In questa edizione 2019 non a caso riecheggiano le parole del suo fondatore, don Benzi, che sul diritto al viaggio e all'accoglienza ammoniva: «I migranti sono ponti gettati tra mondi. Siamo popoli destinati a convivere e prima lo capiremo meglio sarà per tutti».
In Piazza Nettuno intervengono anche le autorità sul tema della pace, dell'accoglienza e dello stile del dialogo tra tutti, dall’arcivescovo Matteo Zuppi, al sindaco Virginio Merola, e anche con la presenza di Romano Prodi. «È la pace l'anima dell'Europa - ha ricordato quest'ultimo - che, dopo le devastazioni dei due conflitti mondiali, i padri fondatori vollero al centro della nostra Unione. E da 70 anni, entro i suoi confini, l'Europa ha garantito la pace. Così non è stato tutto attorno a noi: dall'Africa al Medio Oriente, una 'guerra a pezzi' - come è stata definita dal Papa - ha coinvolto intere nazioni, comunità religiose e ha travolto senza distinzione uomini, donne, bambini, giovani».
In cammino per la pace c'erano anche diversi testimoni d'eccezione. Che nella quotidianità lottano per la pace perchè han sperimentato che è la lotta essenziale per la vita in tante latitudini. C'era Sara Manisera, giornalista freelance che abita a Beirut e che, nel 2018, ha vinto il Premio Archivio Disarmo “Colombe d'oro per la pace”. nota in particolare per il videoducumentario Donne fuori dal buio, storie di donne, mogli e madri dell'Iraq che raccontano di comunità diverse, di diversi dialetti e culture e del lungo cammino di rinascita dopo tanti lutti dalla Guerra del Golfo del 2003 ad oggi. Testimoni in terre lontane e pure testimoni coraggiosi in terre vicine. E c'era pure un'altra donna che lotta per il diritto alla pace, Monica Caula del Comitato per la riconversione della RWM (l'industria bellica che procurò ordigni militari all'Arabia Saudita nella guerra in Yemen) che con un esposto alla Procura e un appello al Comune da mesi chiede di bloccare l'espansione della fabbrica e di convertire la produzione a fini civili. Scelta auspicata con fermezza anche in un messaggio di fine anno dei Vescovi sardi.
Il Sindaco di Casalecchio Massimo Bosso, ha ricordato come in centinaia di città italiane sono nate esperienze di pace e inclusione attraverso il network delle città interculturali per incontrare e incontrarsi tra culture, tradizioni religiose e comunità diverse. Incontri di Mo(n)di è l'evento culturale che promuove ogni anno per dare voce a chi vuole scegliere la via del dialogo interculturale e interreligioso nella scuola, nelle istituzioni, nella sanità e tra le comunità religiose.
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«La pace non c’è una volta per sempre, perché è sempre minacciata dal male, erosa da tanti individualismi, dai semi di intolleranza, dalla violenza ordinaria, dall’aggressività nei pensieri e nelle azioni, dall’incapacità a dialogare e riconoscere il prossimo». È l'esortazione di mons. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna durante la celebrazione del 1° gennaio in Cattedrale, che fa seguito alla Marcia della pace. «Non è nemmeno una preoccupazione accessoria. È una lotta drammatica per la vita, contro le terribili sorelle della guerra che sono la povertà, le malattie, la distruzione, la disperazione, la fame». In riferimento a quanti cercano un futuro tentando di entrare in Europa, mons. Zuppi li ha chiamati “lottatori di speranza” che ci interpellano con le loro vite a costruire ponti e trovare vie nuove di giustizia per «combattere i disequilibri». Per questo occorre non fomentare divisioni ma unire le forze, non dimenticando le terre impoverite e sfruttate da cui provengono «quei fratelli e sorelle che emergono dal grande abisso del terzo mondo alla ricerca di futuro». «La pace è affidata sì ai responsabili delle nazioni ma è anche sempre artigianale e passa per le nostre persone. Diventiamo noi costruttori di un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia».
Nel messaggio per la Giornata mondiale della pace 2019 Papa Francesco ricorda con chiarezza che la Pace non è un ideale astratto che riguarda pochi potenti né un diritto da citare al termine di conflitti vicini a noi ma riguarda tutti ed è di vitale importanza. Per questo richiede una "buona politica" e una testimonianza credibile e coraggiosa ogni giorno. All'inizio del 2019 non a caso ricorda che essa si basa «sulla responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani. La pace è una conversione del cuore e dell’anima» e richiede la cura di tre dimensioni indissociabili: «la pace con sé stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera e l’impazienza e, come consigliava San Francesco di Sales, esercitando “un po’ di dolcezza verso sé stessi”, per offrire “un po’ di dolcezza agli altri”. La pace con l’altro: il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente…; osando l’incontro e ascoltando il messaggio che porta con sé. E la pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno di noi, come abitante del mondo, cittadino e attore dell’avvenire».