Anche la Papa Giovanni condanna la presenza di armi italiane nel conflitto
In Occasione della visita del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in Arabia Saudita, la Comunità Papa Giovanni XXIII si unisce all'appello di Opal, Amnesty International Italia, Rete italiana per il disarmo. La cordata di associazioni si rivolge al Presidente del Consiglio perché che si adoperi alla sospensione dell'invio di armi ai paesi, come l'Arabia Saudita, coinvolti nel conflitto in Yemen.
La coalizione guidata dall'Arabia Saudita ha iniziato ad aprile 2015 un'azione di bombardamenti ininterrotti sul territorio yemenita, intervenendo in un conflitto che - denunciano le associazioni - ha causato ad oggi oltre 4000 morti e 20.000 feriti, ed aggravando una catastrofe umanitaria che conta un milione di sfollati. Le Nazioni Unite hanno condannato le azioni militari.
Bombe prodotte in Sardegna del tipo Mk84 e Blu109 sono state ritrovate inesplose in diverse città dello Yemen, e la stampa nazionale riporta documentazioni sull'ennesima consegna: la partenza di un volo decollato il 29 ottobre da Cagliari (un Boeing 747 della compagnia Silk Way) e diretto in Arabia Saudita. Famiglia Cristiana ha confermato la spedizione di un carico dal porto di Genova.
«Leviamo la nostra voce indignata contro la politica del governo italiano che aggirando i divieti della legge 185/90 e disattendendo le richieste dell'Onu di cessare i bombardamenti, alimenta questo dramma con i suoi carichi di morte; chiediamo l'immediato blocco di ulteriori consegne», denuncia Giovanni Ramonda, Responsabile Generale della Comunità Papa Giovanni XXIII, che continua: «L'Italia con una mano siede ai tavoli negoziali, operando a parole per la cessazione delle ostilità, mentre con l'altra attraverso la vendita di armi consente al conflitto di proseguire. Quanti altri morti, feriti, sfollati, rifugiati, a quanti drammi ancora dovremo assistere, prima che il nostro governo inizi a contribuire concretamente alla fine di questa strage»?