L’ufficio dell’APG23 a Ginevra in questo Consiglio dei Diritti Umani (la 31a sessione regolare attualmente in corso e che finirà il 24 marzo) ha voluto difendere i diritti dei bambini e la dignità dell’essere madre prendendo una ferma posizione contro il fenomeno della Maternità Surrogata Commerciale.
Da alcuni mesi in Italia ma anche in altre nazioni europee (soprattutto in Francia) si discute della pratica della Maternità Surrogata - chiamata anche “utero in affitto” -, con un crescente movimento che ne chiede la messa al bando.
Questa pratica, che sembra essere sempre più di “moda” soprattutto nei paesi ricchi, prevede che una coppia (etero o omosessuale) possa rivolgersi a delle cliniche specializzate in cui selezionare un embrione che poi viene impiantato nell’utero di una donna anch’essa selezionata.
La madre surrogata, dietro il pagamento di un compenso e vincolata/subordinata da un contratto, s’impegna a portare a termine la gravidanza per la coppia committente cui poi dovrà consegnare il bimbo o la bimba appena nati rinunciando sin dall’inizio della procedura ad ogni eventuale rapporto / relazione / legame con la creatura che ha portato in grembo per nove mesi e ricevendone in cambio un compenso solo nel caso in cui il bimbo sia sano.
Le recenti discussioni in Europa(1) ed in Italia attorno al disegno di legge “Cirinnà” hanno generato un certo dibattito tra l’opinione pubblica, dando eco anche a posizioni diverse e variegate.
Sulla stampa in particolare il giornale Avvenire ha continuato e continua tutt’oggi a riportare articoli e riflessioni sull’argomento.
Ritenendo che l’argomento dovesse essere affrontato anche al Consiglio dei Diritti Umani, noi dell’APG23 ci siamo fatti promotori di un intervento scritto che ha raccolto l’adesione di altre quattro organizzazioni.
La pratica della Maternità Surrogata Commerciale, proprio per le sue connotazioni commerciali appunto che vedono il bambino scelto, ordinato e consegnato ai committenti come se fosse un pacco, una merce scelta a catalogo e pagata alla consegna una volta verificato che sia esente da “vizzi e difetti”, rappresenta secondo noi una forte minaccia alla dignità dell’essere umano e una palese violazione dei diritti umani, dei diritti dei bambini oggetto del contratto e delle donne, madri surrogate, che vengono così sfruttate nella loro essenza.
Nel difendere quindi la dignità di ogni persona col nostro intervento abbiamo cercato di difendere soprattutto la dignità dei bambini nati da questa pratica; bambini che sono pianificati e gestiti con le stesse modalità con cui si gestirebbe un oggetto e che si vedono negare fin da subito alcuni dei loro diritti fondamentali come il diritto a conoscere della propria madre biologica o il diritto ad instaurare una relazione con la madre gestante che, proprio per il contratto di maternità surrogata, non può neppure allattarli al seno.
E le nostre preoccupazioni sono state ribadite anche con un intervento orale congiunto con altre nove (9) organizzazioni; intervento che è stato letto venerdì 11 marzo nella sala XX del Consiglio dei Diritti Umani a Ginevra dalla nostra stagista Chiara Cristiani(2). Questo intervento ha chiesto con forza agli Stati di promuovere una risoluzione internazionale contro questa pratica.
Nel dibattito sulla maternità surrogata si parla spesso e giustamente dei diritti violati della donna, ma molto meno dei diritti del bambino sin dal suo concepimento. Abbiamo voluto sollevare più fortemente questo ultimo aspetto.
In gioco secondo noi non è solo lo sfruttamento delle donne – anche se questo già solo basterebbe – ma anche il senso e la dignità profonda di ogni essere vivente, presente e futuro.
(1) paragrafo n. 115 della Risoluzione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2015 sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014 e sulla politica dell'Unione europea in materia (2015/2229(INI))
(2) intervento n. 59 al minuto 02:13:50