Per alcuni la scuola è finita, altri sono in attesa di interrogazioni o esami di maturità. Una corsa alle ultime correzioni, una letta alla “tesina”, un ripasso degli argomenti… in molte scuole italiane tantissimi studenti sono alla prese con prove da sostenere, prove di prestazione che generano preoccupazione e ansia. «Che voto prenderò? Sarà piaciuta? Mi premieranno per il mio sforzo?»… sono le tante domande che echeggiano tra i corridoi e riempiono l'aria di apprensione e trepidazione. Me li vedo che passeggiano nervosi nei corridoi, qualcuno esce a fumare una sigaretta, altri leggono e rileggono i loro appunti come se non ricordassero più niente... Come se da quel risultato dipendesse tutto il loro futuro.
Anche per me la scuola è finita: sono arrivata in quinta, scuola primaria, con la gioia e la serenità di aver fatto un bellissimo percorso insieme ai miei alunni. Sì, insieme alla mia classe sono cresciuta anch'io, cercando di capire i loro stati d'animo, accogliendoli nelle difficoltà, esortandoli a provare, gratificando anche i loro errori, credendo in loro stessi, nelle loro potenzialità che pian piano si sono trasformate in capacità. Sono cresciuti in responsabilità e autonomia, persone in grado di esprimere il loro pensiero senza ferire l'altro, capaci di organizzare un lavoro di gruppo, di gioire dei successi di un compagno, di condividere, di accettare i propri sbagli, di essere ironici, di accogliere.
È iniziato tutto cinque anni fa, in classe 1ª, proponendo ai genitori il Progetto della Scuola del Gratuito, un progetto pedagogico voluto fortemente da don Oreste Benzi della comunità Papa Giovanni XXIII. Egli fu profetico: per costruire la società del gratuito, era necessario partire dalla scuola. E così fece: radunò tanti insegnanti che stesero un progetto, ovvero il Manifesto della Scuola del Gratuito, che contiene al suo interno le linee guida per la sua realizzazione.
Cos'è la Scuola del Gratuito? È un modo diverso di vivere la scuola, dove ciò che conta è la persona in tutti i suoi aspetti, dove la didattica è attiva, dove si fa ricerca, dove si lavora insieme, dove il voto, mero risultato di una prestazione, viene eliminato per far posto ad una valutazione dialogica che coglie più in profondità lo studente, accompagnata da un'efficace autovalutazione. Autovalutazione emersa casualmente all'inizio della classe terza, quando Marco, serafico, a voce alta disse: «Lucy ho fatto un macello!». Questa fu l'occasione per iniziare un percorso di autovalutazione che ha portato i miei alunni a riflettere sui propri risultati, sui propri successi e insuccessi e di vivere le piccole sconfitte quotidiane come opportunità di miglioramento. Da allora, dopo un lavoro di gruppo, dopo un compito, ognuno scrive la sua valutazione in modo dialogico. E insieme al non-voto è cresciuta la curiosità, la voglia di conoscere, il desiderio di non fermarsi a ciò che appare, ma di approfondire gli argomenti, utilizzando materiali diversi e i loro stessi libri. È cresciuta l'autostima e anche la consapevolezza che per arrivare ad un obiettivo esiste la fatica, l'impegno e la determinazione.
Certo è che tutto ciò “cozza” contro la società in cui viviamo, dove emergono i risultati delle prestazioni, prevale l'individualismo, la competitività la fa da padrone e se uno che è “bravo” riesce a stare a galla in questo mare di nozioni, pensate a chi non riesce, pensate a coloro che sono più deboli, a quelli che vengono schiacciati da questo sistema e ai quali è preclusa ogni possibilità... che tristezza!
Ma la Scuola del Gratuito non si può ridurre ad una pedagogia per includere i più deboli: è in realtà un ribaltamento del modo di fare scuola che apre le menti racchiuse nello stretto recinto della competizione e del voto, che crea legami, rispetta le individualità, esalta i talenti di ciascuno, rende più autonomi e liberi. È una pedagogia che mette il sapere e la conoscenza al centro, non la misurazione del profitto. Nella Scuola del Gratuito non c'è differenza tra i “migliori” e i “peggiori”: ogni individualità è accresciuta al massimo, non esiste un vantaggio di partenza per quei ragazzi più adatti ad una scuola che privilegia solo alcuni saperi o capacità.
Per noi, noi della Scuola del Gratuito, noi che abbiamo lavorato insieme abbiamo visto che cambiare è possibile, come è possibile uscire dai cancelli di un cortile e aprirsi ad un mondo che è pieno di risorse, di incontri, di sguardi, di conoscenza. In questi anni, durante l'estate ho incontrato i miei alunni, insieme abbiamo letto dei libri, verificato qualche esercizio e soprattutto giocato insieme. Con le famiglie durante l'anno scolastico ci sono stati diversi appuntamenti, per noi non esisteva la cena di fine d'anno, ma le cene in corso d'anno. Non mi sono mai sentita prevaricata, il mio ruolo non è mai stato minacciato (sono le obiezioni che sento maggiormente): no, era chiaro per tutti chi ero io. Ma chi ero io? Semplicemente una persona che li ha accompagnati, non una che pensa di possedere il sapere, ma qualcuno che ha fatto con loro un pezzo di strada, un cammino lungo il sentiero della vita.
E proprio per questo, anche se nel mio registro dovevo scrivere un voto, ad ognuno di loro, alla fine del I° e del II° quadrimestre, scrivevo una lettera, nella quale esaltavo i punti di forza, mettevo in risalto i risultati e anche i limiti, così in modo semplice in modo dialogico, senza il giudizio, puntando sempre sul positivo, dimostrando che cambiare è possibile. Per loro la lettera era la vera scheda di valutazione, non quella ufficiale e l'aspettavano con gioia.
E l'aula? Un grande laboratorio mobile, con i banchi disposti ad isola per facilitare le attività e il dialogo, ma anche appoggiati alle pareti per lasciare lo spazio al movimento, alla musica, a guardare filmati. Banchi e sedie che magicamente tornavano ad isola dopo ogni attività, aule ordinate per andare incontro alla nostra collaboratrice. E la scuola? Lo stesso!! Corridoi, pareti, atrio, cortile... tutte occasioni di conoscenza. Del resto le linee guida per la certificazione delle competenze con la circolare ministeriale n.3 del 2 febbraio 2015, evidenziano la necessità di ripensare il modo di “fare scuola” integrando la didattica dei contenuti e dei saperi con modalità interattive e costruttive di apprendimento che consentano di “imparare facendo”.
Il mio sogno? Avere la libertà di fare scuola in modo libero, dando a tutti le stesse opportunità, che non significa essere tutti uguali, ma permettere ad ognuno di scoprire le proprie potenzialità e di metterle in pratica secondo le modalità congeniali di ognuno. Insegnare a “volare in alto”, perché... «non importa che si sappiano le stesse cose, che si abbiano le stesse regole, ma che ognuno riceva ciò che è necessario per fare emergere l’unicità della sua persona, per vivere bene con se stesso e con gli altri» (dal libro A scuola senza profitto).
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