Il tema della criminalizzazione di attori umanitari e membri della società civile che manifestano solidarietà a migranti e rifugiati, tornato tristemente alla ribalta questi giorni in Italia, è di grande attualità anche a Ginevra. In particolar modo, nel corso della prima giornata della 41a Sessione del Consiglio dei Diritti Umani, tenutasi il 24 giugno, l’argomento è stato dibattuto in quanto oggetto di un report presentato in aula dall’Esperto Indipendente Obiora C. Okafor, studioso incaricato dalle Nazioni Unite di trattare tutte le questioni legate ai Diritti Umani e alla Solidarietà Internazionale. Già nel 2018, Okafor aveva sostenuto la necessità di affrontare la sfida globale dell’immigrazione secondo la prospettiva della solidarietà internazionale, sottolineando, in particolar modo, il ruolo della società civile nel promuovere quest’ultima.
Coerentemente, in occasione dell’ultima sessione del Consiglio, l’Esperto Indipendente ha presentato un report in cui ha sostenuto come la stigmatizzazione e la messa sotto accusa di coloro che prestano assistenza umanitaria o manifestano solidarietà a immigrati irregolari e rifugiati, costituisce un atto grave ed ingiustificato. Al contempo, nelle proprie conclusioni, ha rinnovato la raccomandazione per gli Stati di non sottrarsi agli obblighi internazionali e ai doveri di assistenza ed accoglienza, di garantire gli interventi degli attori mossi da ragioni umanitarie e, infine, di impegnarsi nel disincentivare qualsiasi comportamento discriminatorio o intimidatorio nei confronti di individui e organizzazioni che aiutano i migranti.
La Comunità Papa Giovanni XXIII riconosce il principio della solidarietà internazionale tra le sue priorità e si batte da anni alle Nazioni Unite affinché venga riconosciuta come diritto umano, essenziale a garantire un ordine più equo e giusto. In linea con la posizione dell’Esperto Indipendente, anche la delegazione di Ginevra ritiene che la gestione dei flussi migratori e dei rifugiati debba essere regolata seguendo il criterio della solidarietà internazionale. Ciò implica che gli Stati non continuino a perseguire politiche migratorie miopi, ma prendano pienamente coscienza della propria interdipendenza, adottando non solo la più alta forma di cooperazione, ma accertandosi che gli accordi sottoscritti rispecchino il rispetto assoluto dei diritti umani e siano improntate su strategie preventive mirate a rimuovere le cause più profonde che generano povertà, violenza e ingiustizia.
D’altro canto, quanto asserito da Okafor nel proprio report rispecchia pienamente la posizione dell’APG23 nei confronti del controverso tema della criminalizzazione della società civile. A riprova di ciò, l’ufficio di Ginevra ha presentato una dichiarazione scritta ed è poi intervenuto oralmente durante l’assemblea plenaria del Consiglio, alla presenza dei dignitari, dello Referente Speciale sull’Immigrazione, Felipe González Morales, e dello stesso Okafor. In entrambe le dichiarazioni, scritta e orale, si afferma esplicitamente che, “sebbene le organizzazioni della società civile continuino a fornire un sostegno cruciale ai nuovi arrivati, gli attivisti dei diritti umani sono sempre di più sotto attacco” e “le ONG sono diventate l’obiettivo di campagne tossiche che mirano a delegittimare le loro attività e a negare la natura umanitaria delle loro azioni”. APG23 sottolinea il ruolo critico svolto dalle organizzazioni e, più in generale dalla società civile, nell’integrazione dei migranti, nella promozione e protezione dei loro diritti fondamentali e della loro dignità, oltre che nella costruzione di una narrativa positiva, contraria a quella discriminatoria e piena di odio, alimentata da alcuni media ed esponenti politici. Pertanto, ribadendo con forza come “l’immigrazione irregolare non è un crimine, così come non sono criminali coloro che agiscono nello spirito di solidarietà, unità ed umanità”, la nostra delegazione ha ricordato nei propri interventi come le politiche restrittive sull’immigrazione portino a conseguenze disastrose.
Seguendo l’esempio di Papa Francesco, la Comunità Papa Giovanni XXIII sostiene con forza la necessità di ascoltare il grido dei più deboli, non sottraendosi in nessun caso all’obbligo di assistenza e protezione dei diritti umani, e ricordandoci che la solidarietà non si limita esclusivamente all’azione degli Stati, ma opera a più livelli e coinvolge attori di diversa natura. Conseguentemente, abbiamo indicato gli esempi positivi rappresentati dall’azione di tante organizzazioni, molte delle quali religiose, impegnate nell’accoglienza dei migranti e nel loro inserimento nel tessuto sociale. Nell’intento, dunque, di presentare una contro-narrazione positiva e la prospettiva possibile di un futuro diverso, si è citato l’esempio virtuoso dei corridoi umanitari (portati avanti da anni con successo dalla Comunità), richiamando, infine, gli Stati alle proprie responsabilità internazionali nel garantire vie sicure e legali per i migranti, secondo le tutele e i principi garantiti dalla legge internazionale.