Fin dall’inizio del conflitto in Ucraina, come in occasione di altre emergenze umanitarie, la Comunità è stata pronta ad accogliere le persone in fuga dall’Ucraina arrivate in Italia. Le nostre Case Famiglia e le nostre realtà di accoglienza hanno aperto le porte a mamme scappate insieme ai loro bambini, ad anziani e a persone fragili in cerca di un luogo al sicuro lontano dalla violenza della guerra.
Alcuni sono rimasti solo brevi periodi, in attesa di sistemazioni previste dal sistema di accoglienza organizzato dal Governo Italiano, altri finché non hanno trovato una loro autonomia o si sono ricongiunti con familiari o amici che già vivevano in Italia, altri per periodi più lunghi, in attesa di capire quando potranno tornare alla loro vita.
Ecco alcune delle storie delle persone che abbiamo accolto.
Gianmaria e Letizia e i loro 3 figli tra naturali e in affido, giovane famiglia della Comunità in provincia di Asti, hanno condiviso la casa e la quotidianità con una mamma ucraina e i suoi due figli di 7 e 12 anni.
“Anche se siamo una famiglia alle “prime armi” con l’accoglienza, ci siamo resi disponibili per ospitare una famiglia ucraina a casa nostra. Siamo tutti contenti, compresi i nostri figli di 9, 6 e 1 anno. Il primo giorno facciamo conoscenza e iniziamo a fare amicizia, anche se a volte capita qualche incomprensione. Man mano che passano i giorni la vita quotidiana diventa poco alla volta più piacevole e i ragazzi iniziano anche a frequentare la scuola, cosa che li aiuta a essere un pochino più sorridenti e sereni. Nonostante le difficoltà iniziali, i nostri figli continuano ad essere felici di avere qualcuno che vive e gioca con loro. Scorrono così tre settimane, durante le quali ognuno ha lavorato per ritagliarsi il proprio spazio. Poi, una notizia arriva dall’Ucraina: il nonno è in ospedale ed ha bisogno di cure e la mamma vuole tornare assolutamente a casa. Dopo averli aiutati con i preparativi del viaggio di ritorno in Ucraina, li abbiamo accompagnati a Milano dove avrebbero preso l’autobus.
Gli ultimi due giorni trascorsi insieme sono stati molto piacevoli: abbiamo mangiato la pizza, il gelato e trascorso un pomeriggio in compagnia. Siamo stati contenti della presenza viva di questa famiglia in casa nostra. Averli accolti ci ha insegnato che le fatiche inaspettate ci sono quando ti apri all’altro, ma possono essere superate. Soprattutto la loro presenza ci ha portato a confermare che non vogliamo chiudere la porta di casa e del cuore, e con noi i nostri figli, che ogni sera ci chiedono di pregare per i nuovi amici ucraini tornati a casa.”
Matteo, membro di Comunità, e sua moglie Giulia hanno accolto nella loro famiglia una mamma ucraina e i suoi due bambini, che avevano bisogno di una casa al sicuro dove poter stare. Sono rimasti con loro un mese, prima di trovare una sistemazione definitiva.
“Il 17 marzo è arrivata la telefonata: cercavano un posto per una famiglia ucraina in fuga dalla guerra, una mamma con due bimbi. Io e mio marito ci siamo guardati e l'unica cosa che ci è venuto da pensare è stata: se capitasse a noi vorremmo che le persone dicessero di sì. E, senza aspettare oltre, questa è stata la nostra risposta: sì, li accogliamo noi. Nonostante il pesante viaggio, i giorni di angoscia passati, le preoccupazioni di essere soli in un paese straniero, hanno portato nella nostra casa tanta voglia di stare insieme, di condividere, di parlare. Si sentiva la voglia di essere famiglia con noi. E questo siamo diventati per tutto il mese in cui sono stati qui. Abbiamo passato le giornate cucinando insieme, mischiando i nostri piatti, cercando di capirci con il traduttore vocale e dove non arrivavano le parole, arrivavano le espressioni e i gesti. Per i bambini il problema della lingua non esisteva: loro si parlavano ognuno nella propria e, non si sa come, si capivano. In casa passavano il tempo giocando a nascondino, rincorrendosi, disegnando, mentre nei giorni di sole uscivamo e raggiungevamo il parco per giocare a calcio, o a frisbee. Il momento dei saluti è stato difficile.
La Comunità Papa Giovanni XXIII ha trovato per loro una casa, da poter condividere con la sorella e i nipotini, un regalo bello e inaspettato, che però ci ha costretti a salutarci. Ora ci scriviamo spesso e ogni tanto li andiamo a trovare nella nuova casa.
Stanno bene, hanno tutto quello che gli serve, ma ora l'unica cosa che desiderano è poter tornare a casa, poter riprendere in mano la loro vita, il tempo, gli spazi che qualcuno sta cercando di togliergli.”
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Sono 63 i bambini che provengono dagli orfanotrofi delle città ucraine di Mariupol e Kramatorsk. arrivati in Italia grazie al corridoio umanitario coordinato dal movimento Stop the War Now, promosso tra gli altri anche dalla Comunità Papa Giovanni XXIII. I bimbi, accompagnati da alcuni tutori ed educatori, sono stati accolti in quattro strutture in Sicilia, tra queste il nostro “Villaggio del Magnificat” a Modica, che ha aperto le porte a 18 bambini insieme a 3 dei loro accompagnatori. Qui hanno trovato un letto in cui dormire, un tavolo lungo dove poter mangiare tutti insieme, un luogo sicuro che possono chiamare Casa!
“La spinta è stata la consapevolezza che quella mamma potevo essere io.” Così Cristina, quando ha saputo che una mamma ucraina insieme ai suoi due figli non riuscivano a lasciare il Paese è partita con il suo pulmino e percorso diversi km fino al confine polacco.
“Ho accompagnato in Italia Hanna, una mamma mia coetanea insieme alla figlia Vlada, una ragazzina in sedia a rotelle e il fratellino di 9 anni Tymur. Scappavano da Kiev dove hanno lasciato il padre e i nonni materni, consapevoli che la casa lasciata vuota sarebbe stata razziata. Hanno fatto un lungo viaggio in auto, molto rischioso e hanno passato la frontiera a piedi il giorno precedente il nostro incontro. Hanna è un avvocato, desidera tornare a casa propria e al suo lavoro. Vlada, invece, a seguito di un’operazione al cervello per drenare una emorragia, si è trovata in sedia a rotelle”.
Qui sono stati accolti da una famiglia legata alla nostra Comunità e ora stanno ritrovando la serenità, lontano dalle bombe.
Le nostre famiglie sono diventate ancora più numerose e ancora più speciali come quella di Elisa, membro di Comunità, che per quasi due mesi ha accolto Elena, una giovane mamma, insieme ai suoi due figli di 14 e 7 anni, Stas e Lisa, arrivati dopo un viaggio in auto durato tre giorni, lasciando il loro papà in Ucraina con la speranza di poterlo riabbracciare. Elisa e la sua famiglia hanno trasformato e riadatto la loro casa per l’arrivo della nuova famiglia, condividendo il loro spazio e i loro giochi con loro, parlando lingue diverse ma con la capacità di ascoltarsi e a capirsi. Insieme hanno festeggiato anche il compleanno della piccola Lisa, dimenticando per un attimo il peso della guerra.
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Le prime ad arrivare sono state 15 persone, tra loro 5 bambini, alcuni accompagnati dai loro nonni e dalle loro mamme, come Veronika e Lizaveta. Altri sono arrivati in Italia da soli, come le piccole Anastasia e Ksnia arrivate stanche e spaventate dopo un lunghissimo viaggio durato giorni. Qui hanno trovato accoglienza temporanea in attesa di ricevere una sistemazione assegnata dalla Prefettura di Chieti.
La piccola Hannah è stata la prima ad essere accolta dalla Comunità, già pochi giorni dopo lo scoppio del conflitto. È partita per miracolo dall'Ucraina insieme ai suoi genitori e dopo aver viaggiato per 40 ore ha trascorso la prima notte al sicuro in una nostra Casa Famiglia a Bologna, lontana dai rumori delle esplosioni o dai suoni delle sirene.