Il Natale… solo luci, canzoni e regali, oppure un’occasione per incontrare un Dio Bambino capace di cambiarci il cuore? Venerdì 16 dicembre don Federico Pedrana ha guidato un incontro di riflessione, dialogo, confronto e celebrazione per i 300 giovani che stanno facendo il programma terapeutico nelle Comunità Terapeutiche della Papa Giovanni XXIII.
Perché inserire un incontro di catechesi alle persone che stanno facendo il percorso riabilitativo?
Ce lo spiega Bartolomeo Barberis, operatore e accompagnatore di tanti ragazzi delle Comunità Terapeutiche: «La ricerca della presenza e della relazione con Dio è uno dei punti cardine della proposta terapeutica che la Comunità Papa Giovanni XXIII offre. Riteniamo - come don Benzi spesso ci ricordava - che la liberazione e il superamento di tutte le forme di dipendenza patologica da sostanze o da comportamenti, è pieno, è completo solo quando l’individuo si apre ad una autentica ricerca della relazione con l’Assoluto. Questo Assoluto per noi ha un nome preciso: è il Padre che Gesù ci ha rivelato».
Sempre più spesso chiedono di iniziare il programma terapeutico anche persone di religioni diverse da quella cristiana: «Certamente la proposta che noi facciamo – continua Barberis - contiene in sé l’apertura alla dimensione religiosa e ovviamente non può tradursi in forme di costrizione alla pratica religiosa Sono sempre più numerose le persone in percorsi di fede non cristiano-cattolica, ad esempio musulmani, accolti nelle Comunità Terapeutiche. Questa è una sfida non facile, ma siamo chiamati ad affrontarla conservando la nostra identità e allo stesso tempo garantendo il giusto rispetto delle diverse opinioni. Anche loro, come tutti gli altri, sono invitati ai momenti di formazione religiosa e anzi diversi di loro scelgono di venire a pregare in cappellina con noi. La proposta di valori che facciamo deve principalmente passare attraverso la testimonianza degli operatori e degli educatori che accompagnano i ragazzi. Deve passare grazie all’incontro della vita della nostra Comunità: questa è la vera proposta formativa. Come è noto, alle 3 dimensioni tradizionalmente riconosciute della persona umana (psichica, fisica, relazionale), noi insistiamo con forza che venga dato spazio anche alla dimensione religiosa. In questo senso continuiamo nella scelta voluta dal nostro fondatore don Benzi, che ha voluto che in ogni struttura di recupero sia presente la cappellina con la presenza del Signore nell’Eucarestia. Soprattutto negli ultimi anni, con l’aiuto dei sacerdoti della Comunità Papa Giovanni XXIII, in particolare don Federico Pedrana, abbiamo dato vita a momenti specifici di formazione religiosa per noi operatori, ma anche per le persone in programma terapeutico».
A proposito di cammino di recupero dalle dipendenze, a che punto è la proposta di legge per la liberalizzazione della Cannabis?
«La proposta di legge presentata alcuni mesi or sono con un’accelerazione certamente voluta dal presidente della Camera Boldrini, grazie a Dio ha avuto un insabbiamento: è ritornata in commissione parlamentare e le ultime vicende politiche fanno sì che il discorso sia rimandato. Le spinte per la legalizzazione di cannabis sono forti, non solo in Italia, ma anche a livello mondiale. Non a caso negli USA, proprio durante la recente elezione del presidente, in 8 Stati federali i cittadini sono stati chiamati ad esprimere un parere sulla legalizzazione della cannabis. In tre di questi hanno approvato l’apertura alla legalizzazione. Per quanto riguarda l’Italia, noi come Comunità Papa Giovanni XXIII siamo contrari alla proposta di legge presentata, soprattutto perché era completamente ignorata la dimensione educativa. Nella proposta di legge si parla di ipotetica diminuzione dei crimini e quindi di un minor impegno della Magistratura per perseguire lo spaccio di cannabis, si parla di ipotetici guadagni per lo Stato perché andrebbe sotto monopolio di Stato, ma non c’è nemmeno una parola sul fatto che ciò che è legale, viene percepito immediatamente dalla maggioranza come “buono” o “accettabile”. Non si considera il grave danno nel percorso educativo delle giovani generazioni. Certamente non possiamo affermare che se venisse legalizzata, tutti diventerebbero consumatori, ma possiamo dire che sarebbero più vulnerabili proprio le persone meno protette, cioè quei giovani e adolescenti che alle spalle hanno una famiglia fragile».