E’ passato un mese da quel venerdì 13 Novembre, definito da una parte dei terroristi "l'undici settembre della Francia".
La definizione che venne data da alcuni attentatori è stata poi adottata anche dalla comunicazione mediatica Francese.
In un primo tempo le scene, le testimonianze, le immagini più cruente venivano mostrate in tv in maniera ciclica quasi ossessiva. Il presidente francese François Hollande iniziò ad utilizzare il termine di “guerra", per definire la situazione politica. Chiese poteri speciali, che poi non gli furono conferiti in maniera definitiva. Reagì attaccando la Siria e si autoproclamò leader della coalizione anti terrorismo.
In Francia, la stampa di sinistra lo ha soprannominato nei giorni scorsi "John Wayne”, “sceriffo" francese.
Anche la libertà personale dei cittadini è stata ridotta: è stato vietato radunarsi in più di 2 persone di fronte ogni ufficio pubblico o attività pubblica, è stata sospesa la libertà di manifestare fino al 30 novembre scorso, sono stati intensificati i controlli dei documenti d'identità e dei permessi di soggiorno nei luoghi di passaggio come stazioni ferroviarie, pedaggi autostradali, aeroporti, sono state poste transenne a circondare le scuole dove vanno i nostri bimbi.
La metro di Parigi ha ottenuto in dotazione il metal detector in ogni stazione. Alcune aree del santuario di Lourdes sono state chiuse al pubblico. Ai passanti vengono distribuiti volantini.
Questa reazione di controlli a tappeto nei cittadini francesi ha generato un sentimento di sicurezza ritrovata; la ferita più grave provocata dagli attentati era stata proprio la sensazione diffusa di imprevedibilità del pericolo.
Noi, come stranieri italiani, fino ad ora, abbiamo avuto riservata una straordinaria attenzione da parte dello Stato francese, sia a livello economico che di servizi. Come famiglia abbiamo goduto degli stessi diritti dei cittadini di nazionalità francese.
La calma oggi sembra essere tornata, ma quello che rischia di saltare in aria è il patto sociale che è alla base della società francese. La politica di integrazione ed inclusione che ci accolse anni fa, sembra essere al capolinea.
Nei giorni scorsi sono stati espulsi 1000 sans papier, sono stati controllati più di 30.000 stranieri (e un italiano di 87 anni trovato senza documenti a Marsiglia è stato trattenuto i caserma per un'ora per accertare la sua identità), l'estrema destra ha ottenuto un risultato storico alle elezioni regionali della scorsa settimana conquistando il 41% dei voti.
Chi risente di questo aumento della tensione indubbiamente sono i nostri figli; sono vittime di un conflitto interiore dovuto al fatto che nella nostra casa famiglia vivono, fra gli accolti, anche tre musulmani. Questo conflitto, banalizzato a livello religioso, crea confusione. Noi mangiamo insieme tutti i giorni, preghiamo insieme, viviamo insieme; ci sosteniamo gli uni gli altri senza problemi. A scuola i ragazzi hanno amici arabo-musulmani. E il fatto di continuare a seguire le lezioni insieme sotto lo stesso tetto, e a giocare sotto lo stesso cielo; tutto questo rende questo conflitto, per tutti, senza senso.