Giovedì 16 settembre Papa Francesco ha ricevuto i moderatori delle associazioni di fedeli, dei movimenti ecclesiali per parlare del Decreto Vaticano che riforma gli incarichi di responsabilità nelle aggregazioni laicali. Giovanni Paolo Ramonda, presente all'incontro, ha commentato ai microfoni di Radio Vaticana, intervistato da Fabio Colagrande.
La visita del Papa (non prevista, ndr) è stata una sorpresa molto gradita. Ci ha spiegato in profondità i motivi di questo decreto, estremamente significativo e innovativo per la Chiesa. Farà un gran bene ai movimenti, alle nuove comunità e al mondo ecclesiale per un reale servizio alla povera gente.
Francesco è in continuità con Giovanni Paolo II e Papa Ratzinger, che dopo il Concilio hanno sempre evidenziato l'importanza della presenza dei movimenti, delle associazioni, del laicato cioè di questa evangelizzazione che si sviluppa per trapianto vitale attraverso una vita nelle periferie nei luoghi dove dove la gente vive, nei luoghi quotidiani di vita. E' stato un dono grande che conferma la bontà dell'impegno nel rimanere ancorati alle radici del carisma mantenendolo vivo nell'oggi.
Il carisma rimane vivo in quanto lo si vive. Fintanto che non si non ci si attarda su una struttura organizzativa eccessiva. La necessaria organizzazione deve essere a servizio del Carisma. Deve cioè essere funzionale alla vita, che deve essere preponderante e abbondante. La struttura organizzativa è importante per gestire le case di accoglienza, le presenze in missione dove si fa tanto bene a livello sociale, sanitario e scolastico. Le strutture servono ma soprattutto sono importanti le persone. Dobbiamo quindi puntare al cuore del carisma, alle persone che si appassionano al vangelo di Gesù Cristo e alla missione della Chiesa.
Sono tentazioni quando l'aggregazione si chiude in se stessa. Quando il governo di quella associazione decide in toto mentre al contrario è fondamentale esercitare il servizio di guida e di conferma ascoltando sempre la base, il popolo. Lo stesso concetto di obbedienza è “ascolto” dal basso di tutti gli associati. E' quello che noi abbiamo sempre cercato di vivere in questi decenni dopo la morte del nostro fondatore Don Oreste Benzi.
Da una parte abbiamo accolto con positivo stupore: da poco i 250 delegati da tutto il mondo della nostra Assemblea Generale mi avevano indicato per un terzo mandato alla guida della Comunità. Dall'altra con estrema gratitudine perché siamo convinti che la Madre Chiesa vede più in profondità, vede oltre i singoli movimenti, anche l'insieme. Questo passo è sicuramente necessario. Don Benzi diceva che “chi verrà dopo di noi farà meglio di noi”, perché terrà conto dell'esperienza di chi ha preceduto nel governo ma porterà innovazione. Bisogna integrare tradizione e rinnovamento.
L'ho detto apertamente all'assemblea, dopo la mia indicazione, in quanto si tratta di un impegno molto gravoso. Molto bello ma molto impegnativo. Noi siamo presenti in 43 Paesi nel mondo. Avevo detto che non sapevo se sarei arrivato al termine di questo mandato, che probabilmente poteva anche esserci un ricambio prima. Non sapevo assolutamente di questo decreto, però sono molto contento. Soprattutto la mia casa famiglia, la mia sposa, in cui vivo dove potrò dedicarmi alla missione che mi è propria. Mentre la carica di Responsabile Generale è pro tempore. Questo per me e per la comunità è molto chiaro. Comunque chi verrà dopo di noi farà meglio di noi.
Noi ora ci incontriamo molto di più attraverso i social. Cerchiamo sempre di essere attenti al grido dei poveri. L'ultima chiamata l'abbiamo avuta dalla Ministro della Giustizia, Marta Cartabia, che ci ha chiesto di accogliere le 22 mamme e 25 bambini che sono nelle carceri italiane. Stiamo cercando di rispondere a queste richieste. Queste risposte manterranno vivo il carisma del nostro fondatore che la Chiesa e soprattutto la povera gente ci chiedono di vivere.