Trentacinque anni fa, il 2 maggio, moriva improvvisamente Sandra Sabattini, una ragazza riminese appena 23enne. In suo ricordo, proprio il 2 maggio prossimo, il vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi, presiederà la Messa alle ore 18.30 presso la parrocchia di San Girolamo a Rimini.
Intensa la scia di luce che Sandra ha lasciato, tanto che nel 2006 è stata avviata la causa di beatificazione. Ora al vaglio della Congregazione dei santi c’è la guarigione straordinaria di Stefano Vitali, ex presidente della Provincia di Rimini, avvenuta nel 2007. Se questo fatto verrà riconosciuto come scientificamente inspiegabile, Sandra sarà prossimamente beata? «Direi, con certezza – dichiara il vescovo di Rimini, Mons. Francesco Lambiasi –. Il riconoscimento del miracolo rappresenta un passaggio determinante e positivo». Ma c’è dell’altro. «Accanto a questo fatto eclatante, resta la miriade di guarigioni e grazie ricevute e testimoniate da molti che hanno chiesto in preghiera l’intercessione di Sandra.»
Nella vita di Sandra non ci sono fatti eclatanti. Perché si parla di santità?
«Ritengo che Sandra Sabattini rientri in quella schiera di anime che Papa Francesco ha definito “i santi della porta accanto”. Questa giovane ragazza è passata in punta di piedi accanto a noi, vivendo una vita fatta di semplici gesti quotidiani, umili, nascosti, ma compiuti nell’amore di Dio, nella purezza evangelica del cuore. Lei si riteneva poca cosa, per questo lo Spirito Santo è stato libero di intridere ogni sua piccola azione del sapore di eternità ed ha conferito ai suoi gesti la virtù di portare frutto per il regno dei cieli. Le persone che hanno incontrato Sandra in vita sono unanimi nel testimoniare di avere avvertito in lei un riflesso della presenza di Dio e di aver sentito nascere nel cuore la nostalgia di una vita vissuta “bene”, il desiderio di camminare con il Signore.»
Quali sono le parole chiave di Sandra?
«Sandra viveva innanzitutto l’umiltà e il nascondimento come stile di vita, dove la naturale tendenza umana all’autoaffermazione era tenuta a freno dalla scelta di camminare secondo il dettato del vangelo. In lei colpivano la tenacia nel ricercare la volontà di Dio, che talora diventava tensione spasmodica, e la sequela di Cristo povero e servo che si concretizzava non solo nel suo essenziale stile di vita, ma soprattutto nel servizio ai fratelli emarginati. Questa dedizione generosa suscitava in lei l’anelito alla giustizia sociale, motore di tante sue battaglie in favore dei diseredati. In lei erano quasi connaturali l’attrattiva per il silenzio e la preghiera, centro dinamico della sua giornata e una gioia tutta spirituale, che si esprimeva nel suo sorriso contagioso.»
Tutti possiamo diventare santi?
«Dato che la santità coincide con una vita di carità pienamente vissuta, non è riservata solo a persone titolate nella Chiesa, a chi ha scelto una via di consacrazione o a chi ha compiuto gesti eclatanti. La vita di Sandra, testimonianza del vangelo vissuto nell’amore e nella fede, è proprio la dimostrazione di come tutto il popolo di Dio – anche le persone più umili e semplici – partecipi dell’ufficio profetico di Cristo. Vite siffatte contribuiscono a costruire il regno dei cieli in un modo misterioso ma sicuro, perché percorse in unione alla potenza redentrice di Cristo.»
L’esempio di Sandra è ancora attuale o legato al periodo storico in cui è vissuta?
«La santità di una vita vissuta pienamente nella carità non passa mai di moda. La dimostrazione sta nel fatto che figure di santi canonizzati secoli fa continuano a parlare con la loro vita, proponendosi come esempi da imitare. La perfezione evangelica restava per Sandra l’imperativo categorico, irrinunciabile, perché proposto dalla Parola di Dio: “siate perfetti come è perfetto il Padre vostro”. La tensione di Sandra è stata per tutta la vita quella di compiere la volontà di Dio in modo da non lasciare spazi a compromessi, convinta com’era che il Signore e anche la società non sanno che farsene di buoni cristiani. A più riprese Sandra ribadiva che occorre la testimonianza della santità, nell’oblio di se stessi per Dio e per gli altri, nel non appartenersi, perché non si può servire a due padroni. La società attuale, che basa la sua norma sul profitto e crea strutture ingiuste spesso a danno dei più deboli, ha estremo bisogno di una testimonianza di condivisione, di servizio fino al sacrificio di sé.»
Nel suo Diario c’è questa continua ricerca di senso, di trovare Dio nel tutto. II giovani di oggi hanno lo stesso desiderio o qualcosa è cambiato?
«I giovani sono figli della società del nostro tempo, che dissipa i valori autentici proponendo modelli di vita facile; tuttavia l’anelito alla felicità, alle certezze, all’autenticità rimangono nel loro intimo. In cambio del chiasso e della superficialità che la società offre, al posto della ricerca del piacere e dello sballo in tutte le sue forme, Sandra propone il suo equilibrio, la sua maturità, i suoi giudizi di valore tanto profondi, che generano capacità di decisione e corroborano la volontà. A giovani spesso incerti nelle scelte offre come modello la capacità di programmare una vita ricca di valori, spesa a beneficio del prossimo; all’incapacità di sacrificio contrappone l’attitudine a dimenticarsi, per donarsi, soprattutto ai diseredati, con entusiasmo e generosità senza calcoli; alla tristezza e depressione, causate dalla mancanza di ideali, contrappone la serenità e la voglia di vivere, la pace e la gioia del cuore; all’incapacità di impegno stabile contrappone la responsabilità della testimonianza a Gesù povero e servo; alla superficialità di pensiero contrappone la capacità di porsi delle domande sul senso della vita e della morte. In sintesi Sandra propone una vita che si dona.»
Anno dopo anno la Chiesa ha riconosciuto il cammino di santità di Sandra, tanto che il Papa il 6 marzo 2018 l’ha dichiarata venerabile. Cosa significa?
«Superato a gonfie vele il processo ecclesiastico (iniziato il 27 settembre 2006), necessario per verificare che la vita di Sandra si fosse svolta nell’amore totale e nell’esercizio delle virtù fino all’eroismo, la giovane è stata dichiarata “Venerabile”, cioè la sua vita è stata pubblicamente indicata dalla Chiesa come esempio da seguire. Nella coscienza dei limiti della propria natura umana, la giovane si sarebbe sicuramente schermita di fronte a un titolo del genere, non solo per umiltà o per anticonformismo, ma per la convinzione di non fare nulla di più di quanto il vangelo richiede. Chi la vedeva agire guardava, comunque, a lei come a un modello di vita cristiana; il primo ad accorgersi di ciò fu don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, che lei frequentava, e divenne il più acceso sostenitore della necessità di far conoscere ad un pubblico vasto la santità di questa ragazza. Egli era depositario e garante della spiritualità che lui stesso le aveva trasmesso e, conoscendo profondamente la sua anima, aveva constatato come in lei si fossero pienamente realizzate le istanze più radicali della conformazione a Cristo povero e servo. Forse non c’era da aggiungere altro alla sua giovane vita e il Signore l’ha chiamata a sé molto presto; si può dire che la discepola ha preceduto il maestro…»
Sarà dunque la prima santa fidanzata?
«Pare proprio di sì. Anche in questo rapporto è brillata la luce della grazia divina. Il rapporto di Sandra e Guido non era semplicemente di coppia, perché in questa relazione c’era posto per il mondo intero. Esso implicava una sequela di Cristo senza riserve, la tensione a realizzare il suo progetto; questo teneva i due fidanzati lontani dal cercare l’esclusiva soddisfazione dei propri desideri o della propria realizzazione. Insieme si sentivano pienamente al servizio della Chiesa e del mondo, soprattutto di quella parte di umanità più sofferente, che chiedeva le loro mani tese. In una società che propone e diffonde modelli di coppia basati sullo sfruttamento reciproco in ordine al piacere, o sulla mancanza di valori come fedeltà, stabilità, corresponsabilità, impegno, guardare l’esempio di Sandra e Guido diventa una sferzata a cambiare rotta.»
Sandra, con quale frase del suo diario ci saluterebbe?
«Ogni frase del diario costituisce motivo di meditazione in quanto parte di un profondo testamento spirituale. Mi colpisce un appunto scritto in data 17 giugno 1981: “Sandra, ama ogni cosa che fai. Ama fino in fondo i minuti che vivi, che ti sono concessi di vivere. Cerca di sentire la gioia del momento presente, qualunque sia, per non perdere la coincidenza”. Credo che questo pensiero contenga il segreto per una via diretta verso la santità vissuta nel quotidiano, come lei ha fatto.»