Sbirciando una delle prime pagine dei giornali di questi giorni, M. ha riconosciuto il generale Almasri. «Lui era il capo», racconta indicando la sua foto, «era lui che decideva i tempi, che decideva chi, come e dove spostarci». Quel volto, e quelli di altri carcerieri, sono rimasti impressi nella memoria del ragazzo. Tre anni fa, M. è stato rinchiuso nella famigerata prigione di Mitiga, dove passano migliaia di migranti diretti in Europa.
Fra i 200 bambini e ragazzi accolti in dieci anni in quella struttura, tanti hanno condiviso quell’agghiacciante sorte. Le storie di alcuni di loro sono raccolte nel libro Figli venuti dal mare.
«Durante la prigionia ci facevano chiamare le nostre famiglie, dovevamo dire che dovevano pagare affinché noi fossimo liberati. A volte succedeva che, quando i trafficanti chiamavano le famiglie, durante la video-chiamata torturavano le persone in modo da costringere i parenti lontani a pagare. Eravamo tantissimi»
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