Dopo pochi giorni dallo scoppio del conflitto, i nostri volontari hanno deciso di partire per l’Ucraina per dare conforto e aiuto alle persone colpite dalla guerra e per costruire corridoi umanitari per la popolazione in fuga.
Hanno percorso migliaia di Km, incrociato mezzi militari, incontrato una lunga fila di profughi in coda da giorni alla frontiera e visto i campi allestiti per i profughi al confine ucraino.
Il 2 marzo sono riusciti finalmente ad entrare in Ucraina e giunti a Leopoli hanno visto una città ormai devastata dalla guerra, paralizzata dalla presenza di decine di migliaia di persone arrivate da tutto il Paese, diventata un campo profughi a cielo aperto. Numerosi i mezzi militari in movimento al confine con la Polonia, e un una lunga fila di persone incolonnate in uscita, hanno accompagnato l'arrivo dei volontari.
Leopoli si è rivelata un immenso campo profughi a cielo aperto, una città completamente paralizzata dalla presenza di decine di migliaia di persone arrivate da tutto il Paese. In tutta la zona sono ormai del tutto esauriti i posti letto negli alberghi e nelle strutture ricettive; è pressoché impossibile trovare luoghi per rifocillarsi e un gran numero di madri, sole con i propri bambini, si trovano a dormire per strada al freddo in condizioni disumane. La stazione ferroviaria di Leopoli stracolma di persone, famiglie disperate in cerca di una via di fuga dall’assedio della guerra.
Tantissime storie di persone che hanno perso tutto: la loro casa, i loro vestiti e i loro familiari. Quando suonano le sirene anti-bombardamento, i nostri volontari si rifugiano nei bunker insieme agli ucraini. Lì sotto hanno incontrato Yulia, una giovane ragazza di Kharkiv, vicino al confine russo che, con lo sguardo stanco e pieno di sconforto, lancia un disperato appello al resto del mondo “Per favore, fate quello che potete!”
«Sperimentiamo da trent’anni la condivisione diretta a fianco delle vittime dei conflitti e della violenza strutturale, promuovendo un’azione nonviolenta - spiega Giovanni Ramonda, Responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII – perché, come è già successo in altri scenari internazionali, armare i combattenti ha delle ripercussioni non prevedibili che portano ad escalation senza ritorno. Vogliamo garantire una presenza alle persone più fragili che stanno subendo questa guerra, i bambini, le persone con disabilità, e lo facciamo grazie ai nostri giovani di Operazione Colomba come abbiamo fatto già in altre zone di conflitto in vari Paesi del mondo, e assicurando l'accoglienza dei profughi qui in Italia. Alla follia della guerra rispondiamo accogliendo i profughi dall’Ucraina nelle nostre case famiglia e famiglie accoglienti.»
Per sostenere le azioni della Comunità Papa Giovanni XXIII: daicistai.apg23.org