Italiani che vivono in strada, pensionati che non arrivano a fine mese, famiglie che fuggono da guerra e povertà, bambini malnutriti. Persone che sono rimaste sole, non hanno più nulla e, a volte, non chiedono nemmeno: è a loro che, anche quest’anno, dobbiamo garantire almeno un pasto quotidiano (per un totale di oltre 7 milioni e mezzo all’anno).
È a tutti loro che vogliamo restituire la dignità, proprio a partire da un semplice pasto, da cui può nascere una nuova vita. Come è successo al “signor Franco” e a Jorge.
Incontriamo molti italiani; alcuni sono pensionati che con la minima non riescono a pagare le bollette e quindi vivono in case senza luce né gas – scatole vuote, piene di solitudine. Non vogliono dire a nessuno dove abitano, perché hanno paura di trovarsi tutti alla porta per dormire al coperto.
Come il signor Franco, che passa la giornata in strada per avere compagnia e mangia alle mense. I figli non possono aiutarlo e allora lui non chiede nemmeno, dice che sta bene e quando può li invita a pranzo in un ristorantino.
Quando usciamo in strada portiamo sempre generi di conforto, ma il signor Franco ci aspetta soprattutto per il piacere di chiacchierare con noi e rimane fino a quando parte l’ultimo autobus. Lo invitiamo sempre a venire da noi, ma lui accetta solo qualche volta, perché è orgoglioso della sua indipendenza, però quando siamo insieme si vede che è felice di aver trovato una seconda famiglia!
Dico SIGNOR Franco perché alle persone di una certa età diamo del “lei”. Si usa così da noi. Non è che perché sono poveri allora perdono il rispetto.
La prima volta che ho incontrato Jorge aveva i vestiti sporchi, la barba in disordine e gli occhi rossi. Gli si leggeva in viso il bisogno di essere accolto, di trovare un luogo da cui nessuno l’avrebbe cacciato via. L’ho invitato a mangiare insieme a noi al Comedor, la mensa di strada.
Quel giorno Jorge ha trovato un pasto cucinato come si deve, ma non solo quello. Dopo mangiato ci ha aiutati a sparecchiare, a lavare i piatti, a riordinare. È stato l’ultimo ad andarsene, quasi volesse gustare fino in fondo quella nuova sensazione: sentirsi a casa. Uscendo ha dimenticato la bottiglia che stringeva, come fosse il suo unico appiglio, quando era arrivato.
La mattina dopo Jorge è stato il primo ad arrivare. Senza che nessuno glielo chiedesse, ha iniziato a pulire i pavimenti e i bagni, ad intrattenere gli altri ospiti. Aveva voglia di rendersi utile, di stare insieme, di essere benvoluto. E tutti gli abbiamo voluto bene, da subito.
Oggi, dopo tanti anni, Jorge è una delle colonne portanti del Comedor Nonno Oreste…
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