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L'urgente necessità di disarmo e le scelte ambigue dell'Italia

75° dello Statuto Onu, impegno costituzionale di pace, rilancio del servizio civile

Gentile direttore, 

si sono appena compiuti settantacinque anni, era il 24 ottobre 1945, da quando alla fine della Seconda guerra mondiale entrò in vigore lo Statuto delle Nazioni Unite. Un impegno solenne da parte di praticamente tutti i Paesi del mondo affinché non si ripetesse più un'altra immane tragedia. Dal 24 al 30 ottobre si celebra ovunque la Settimana internazionale per il Disarmo, indetta nel 1978 dell'Onu per promuovere la riduzione di eserciti e armamenti nel mondo. Mi rammarica constatare che l'Italia abbia inserito programmi volti all'ampliamento dell'industria bellica nei progetti presentati all'Unione Europea per il Recovery Fund. Nonostante l'indicazione dell'Europa fosse quella di impiegare i capitali del fondo europeo in sanità, digitale e politiche ambientali, l'Italia è riuscita a camuffare sotto il termine «industria sostenibile» una grande richiesta di finanziamenti per potenziare la «filiera industriale aerospaziale e della difesa».

Questo atteggiamento si presenta come un'ulteriore beffa al popolo italiano che ha visto, nel momento di fatica che abbiamo vissuto con il lockdown, le industrie belliche continuare a lavorare in quanto ritenute «essenziali». Industrie che non hanno nemmeno chiuso quando si sono verificati casi di contagio tra i lavoratori. Il governo italiano torni sui propri passi, dando priorità piuttosto all'educazione e alla salute. Si impegni a rispettare l'articolo 11 della Costituzione e faccia rispettare la legge 185/90 che vieta la vendita di armi a Paesi in conflitto o che non rispettano i diritti umani. Non intendiamo essere corresponsabili nell'alimentare focolai di guerra. Ben venga lo stanziamento nei giorni scorsi di fondi aggiuntivi sul Servizio civile. Una scelta che va nella giusta direzione per promuovere la difesa civile nonviolenta, alternativa a quella militare. Il prossimo passo, ci auguriamo, sarà quello di stabilizzare il contingente annuo per gli anni a venire, per far sì che il servizio civile diventi veramente universale. Affinché i nostri giovani, raccogliendo il testimone dei padri costituenti, imparino a ripudiare la guerra. 

Fonte: Avvenire, 27 Ottobre 2020



Giovanni Paolo Ramonda, Presidente Comunità Papa Giovanni XXIII
28/10/2020
TAG: Pace / Ramonda

 

 

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