In stazione era pieno di gente. Alle 21 era praticamente giorno. Il gruppo dei volontari si è diviso in due; alcuni hanno raggiunto la zona del Campo Marzio, che a Vicenza è zona di spaccio. Mons. Giuliano Brugnotto si è unito al secondo gruppo.
Debora Forte, volontaria dell'unità di strdada della Comunità Papa Giovanni XXIII racconta l'esperienza di un giovedì 13 luglio un po' inusuale, perchè al gruppetto che ogni settimana incontra le persone senza fissa dimora della città di Vicenza si è unito il Vescovo.
«Con Mons. Brugnotto siamo andati nel centro storico, in una serie di luoghi che già conosciamo, ad incontrare dei nostri amici di lunga data. Questo perché siamo abituati, quando usciamo, a fare incontri di vita vera e propria. Non andiamo in strada per dare qualcosa ai bisognosi, ma per stare con loro insieme; con alcune persone abbiamo una relazione consolidata nel tempo. Abbiamo creato con le persone del centro storico scambi profondi. Il Vescovo è entrato in tutto questo, mostrandosi molto a suo agio. Non c'era imbarazzo negli incontri. Era vestito come noi, con una croce nel taschino, ma era chiaramente riconoscibile come un sacedote. Qualcuno ha chiesto se fosse un prete, lui ha risposto di chiamarsi Don Giuliano e di essere della parrocchia del Duomo di Vicenza, senza enfasi».
C'erano turisti e molte persone per strada: «Chi vive vicino a monumenti importanti sa bene che può andare a dormire solo a partire da una certa ora, e che la mattina presto dovrà fare pulizia e andarsene. Durante l'inverno, i tempi per loro sono più lunghi e dilatati. Non è facile fare la propria vita su un cartone in luoghi di passaggio».
E la conclusione della serata è stata comunitaria: «Alla fine abbiamo preso un gelato insieme. È un modo per condividere fra volontari l'esperienza, e per aiutarci a non portare a casa un vissuto emotivo troppo forte. A volte i carichi di vita che incontriamo sono importanti; li porti comunque a letto alla sera, ma condivisi con gli altri».
Fra gli incontri della serata, ci sono le persone coinvolte in un progetto migratorio andato male. Hanno avuto un lavoro stabile per un po' di tempo, ma senza un paracadute sociale quando una ditta ha chiuso e non sono riuscite a reinserirsi nel mondo del lavoro. Poi i documenti sono scaduti e si sono ritrovate sempre più escluse dai servizi. «Si entra in una spirale sempre più negativa che porta spesso a cadere nelle dipendenze».
«Ma quello che colpisce di più è incontrare italiani. A volte è sconvolgente vedere ragazzi giovani per strada, spesso con dipendenze. Le loro famiglie sanno che sono lì, ma si sentono impotenti: è la persona stessa a dover trovare la forza per fare un passo avanti per uscire dalla strada; alcune vite sembrano quasi già segnate».
Una decina di volontari si alterna nelle uscite a Vicenza tutte le settimane, con qualsiasi tempo, anche a Natale. Nella sua esperienza come volontaria Debora si è scontrata più volte con un problema sociale: «Se sei italiano e perdi la residenza perdi quasi tutti i tuoi diritti. L'ostacolo della residenza è uno dei problemi più gravi che si affrontano per strada; una volta perduta riconquistarla diventa sempre più difficile. I comuni non vogliono accollarsi questo onere; troviamo persone invisibili anche se residenza è un diritto sancito dalla Costituzione. Su questo dovremmo impegnarci tutti, come società».
E poi la strada insegna la malavita, e per gli stranieri porta ai fogli di via che condannano all'emarginazione.
Dal gennaio 2019 la Comunità Papa Giovanni XXIII ha aperto una Capanna di Betlemme a Monticello Conte Otto, dove un'altra volontaria, Tiziana Lovato, ha scelto di vivere la propria vita insieme alle persone senza fissa dimora. Qui all'inizio venivano accolte a una quindicina di persone per notte; adesso alla Capanna si è affiancata una parte residenziale con persone che perseguono un progetto di uscita dalla marginalità; poi ci sono i progetti per l'emergenza freddo invernale.
«Una nuova povertà che emerge in maniera chiarissima è quella degli stranieri che hanno un contratto di lavoro anche a tempo indeterminato ma che non trovano offerte abitative nel libero mercato. Per loro da autunno abbiamo avviato un co-housing. Perchè se sei da solo la strada ti inghiotte», conclude Debora.