Cosa caratterizza un’esperienza di volontariato nelle case famiglia del Veneto targate Apg23? Si tratta di una risposta di tipo familiare, in cui il bambino vive con fratelli più grandi e, perché no, anche adulti, nonni. Un luogo in cui crescere tra gli affetti e superare le proprie difficoltà nella complementarietà dei rapporti dettati dalla coesistenza di varie tipologie di persone. È il modello “Casa famiglia” della Comunità Papa Giovanni XXIII, che in Italia e all’estero ne ha avviate 248. Il Veneto è una delle regioni italiane in cui questa realtà di accoglienza si maggiormente si è diffusa: la prima nacque 40 anni fa e oggi ce ne sono 32. Una tappa importante, questo quarantennale, per riflettere e far riflettere su ciò che caratterizza la Casa famiglia multiutenza, mettendo nero su bianco la sua valenza terapeutica.
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A questo proposito la Comunità Papa Giovanni XXIII ha affidato una ricerca all’Università IUSVE di Venezia «perché potesse descrivere il nostro lavoro nelle case famiglia rispetto a paradigmi di scientificità – spiega Silvia Colledan, referente della ricerca per la Papa Giovanni – collocandoci con la nostra specificità nelle reti in cui siamo inseriti.»
I risultati della ricerca verranno presentati a Padova il 9 novembre al Convegno “Oltre la gabbia del disagio”.
Dai focus group ai quali si sono sottoposte le figure educative, precisa Colledan, si è cercato di far emergere i punti di forza e le possibili fragilità di una modalità di accoglienza che prevede l’integrazione di persone diverse e la presenza stabile, 24 su 24, di figure genitoriali.
Il convegno rappresenta, dunque, un’opportunità formativa per chi opera in campo sociale e sanitario. «In una società frammentata e specializzata – spiega Lucia Tonelotto, coordinatrice dell’evento – offre la possibilità approfondire come l'integrazione tra le parti avvenga con l'unione delle differenze.»
A sviscerare il tema saranno il prof. Lorenzo Biagi, la prof.sa Anna Maria Bertoni, la prof.sa Maria Rita Parsi.
Ai partecipanti verrà fatta vivere, attraverso l’esperienza del silent play, «la sensazione dell’essere accolto in una casa famiglia e percepire come si abita con l'altro se si riconosce se stesso», spiegano le organizzatrici.
Dalle emozioni ci si sposterà quindi sul versante politico con la tavola rotonda conclusiva, a cui è prevista la partecipazione (in attesa di conferma) del Ministro per la Famiglia e la Disabilità Lorenzo Fontana. Si tenterà di far chiarezza sulla valenza sanitaria e non solo sociale della casa famiglia. Un doppio binario che non sembra in linea con l’orientamento riorganizzativo dei servizi della Regione Veneto, che vede lo spostamento di persone con disabilità o problemi di salute mentale in strutture sanitarie al compimento dei 18 anni, troncando relazioni educative ed affettive. Una questione di estrema attualità che mette a rischio il futuro di alcuni soggetti accolti nelle case famiglia.
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Il vescovo di Vicenza Beniamino Pizziol, durante la Messa del 6 ottobre presso l'Istituto San Gaetano di Vicenza, ha espresso così il suo apprezzamento per l'opera di don Benzi: «Don Oreste era un prete ordinario, ma straordinario perché partiva dall'ordinarietà, dalla concretezza di una situazione e vi collocava dentro il lievito evangelico, che faceva fermentava tutta la pasta. Don Oreste ha realizzato pienamente il vangelo di Cristo, secondo il suo stile, secondo la sua personalità, secondo la sua vocazione e voi siete la continuazione di tutto quello che il Signore ha fatto in lui e attraverso di lui».
Ugo Ceron, responsabile della zona Veneto Ovest, in occasione della festa del 6 ottobre, dice: «Ripercorrendo il cammino di questi 50 anni, ciò che mi colpisce è l’iniziativa di Dio: spesso l’inizio di nuove avventure sono state caratterizzate da insuccessi o passi falsi, ma sono poi cresciute. Di questo siamo grati al Signore che ci chiama ad una responsabilità sociale rinnovata: promuovere una nuova società, quella che il nostro fondatore, don Oreste Benzi, ha chiamato come la società del gratuito, una società cioè dove ciascuno investe se stesso, i propri doni e le proprie capacità, non per il profitto personale o il prestigio sociale, ma per la promozione di un popolo in cui viene riconosciuta la dignità di ciascuno».
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La prima casa famiglia del Veneto nasceva 40 anni fa, modello di accoglienza oggi diffuso in tutta la regione. Se ne parlerà a Padova il 9 novembre nel convegno Oltre la “gabbia” del disagio. Come la casa famiglia multiutenza è una risposta integrata al bisogno di cura e relazione. Segreteria organizzativa: 347.2628969 oltrelagabbiadeldisagio@apg23.org